27 Luglio 2019 di Vanessa Avatar

Oltre il fotogramma: alla fine dell’Ottocento l’idea di far muovere le immagini è di molti che, perlopiù, sono fotografi. Basti pensare che Antoine, il padre dei fratelli Lumière, era proprio un fotografo con uno studio a Lione e successivamente proprietario di una fabbrica di placche fotografiche. I suoi figli Louis e Auguste cominciarono a frequentare il laboratorio di famiglia già da bambini. Anche il milanese Luca Comerio, pioniere dell’industria cinematografica italiana, cominciò come fotografo. E come fotografa inizia pure l’inventrice della Nouvelle Vague, Agnès Varda, di cui è appena uscito il bellissimo film Visages, villages (2017), dove la regista novantenne gira la Francia in camper con l’artista JR, noto per aver appeso gigantografie fotografiche sui muri di mezzo mondo.

Per fotografi e registi è lo sguardo che conta

Molti autori hanno sperimentato sporadicamente l’espressione cinematografica forse per acquisire esperienza nella manipolazione del tempo e dello spazio o, semplicemente, per riuscire a sfondare la “gabbia” del singolo fotogramma. Alcuni hanno viaggiato in parallelo tra i due mondi mentre altri sono diventati registi a tempo pieno. A quest’ultima categoria appartiene Stanley Kubrick che avvia la sua carriera di fotografo a soli 17 anni con la pubblicazione sulla rivista Look  di uno scatto che ritrae un edicolante di New York rattristato per la morte del presidente Roosevelt nel 1945. Kubrick lavorerà per Look  per cinque anni pubblicando circa novecento fotografie. Nel 1949 girerà due piccoli documentari, scegliendo poi di diventare regista a tempo pieno con il suo primo lungometraggio Paura e desiderio  del 1953. Cindy Sherman, che ha indagato a lungo il rapporto tra femminilità e cinema a partire dalle sue prime serie chiamate Untitled Film Still , in cui mette in scena le azioni e le immagini femminili stereotipate del cinema hollywoodiano, ha girato, per ora, un unico lungometraggio, il thriller Office Killer  del 1997, che narra di una segretaria sfortunata che si trova assassina per caso. William Klein, americano, ma residente da decenni in Francia, firma vari documentari, il più noto è Muhammad Ali, The Greatest  del 1969, e alcuni lungometraggi, di cui il più famoso è Qui êtes-vous, Polly Maggoo? , una satira del 1966 sul mondo della moda. Anche Bruce Weber, che continua a essere un importantissimo nome della  fotografia di moda, si ritaglia una carriera di tutto rispetto nel mondo del cinema con numerosi titoli di cui il mio preferito è Let’s Get Lost  del 1988, un meraviglioso e potente documentario in bianco e nero sulla vita del trombettista e cantante jazz Chet Baker. Questo film, presentato al Festival di Venezia, fu candidato all’Oscar come miglior documentario. Weber ha anche dedicato due filmati, Gentle Giant  del 1994 e A Letter to True  del 2004, ai suoi amati cani Terranova e attualmente sta continuando a lavorare a un documentario sull’attore Robert Mitchum, una delle sue giovanili fonti di ispirazione. Dopo vari spot pubblicitari, nel 1990 esordisce nel lungometraggio anche la fotografa Sarah Moon con Mississippi One  a cui seguono onirici filmati di favole visive ispirate a racconti di Andersen e Perrault. Il fotografo naturalista, specializzato in riprese aeree, Yann Arthus-Bertrand dal 2004 diventa anche regista di documentari a carattere ambientalista di cui l’ultimo è il commovente Human  del 2015, per il quale sono state intervistate duemila  persone di sessanta Paesi su varie tematiche della vita. Il fotografo che però negli ultimi anni si è confrontato con la grande industria cinematografica è l’olandese Anton Corbijn che, a metà degli Anni Ottanta, si trasferisce a Londra per entrare in contatto con i personaggi del mondo musicale. Li fotografa quasi tutti e poi comincia anche a girare videoclip per Depeche Mode, New Order, U2, Coldplay, Nirvana e molti altri. Sembra quindi normale offrirgli la regia di Control , il film sulla vita di Ian Curtis, il cantante dei Joy Division, presentato a Cannes nel 2007. Seguono Line , il film sull’album degli U2 No Line on the Horizon  del 2009, The American, il thriller del 2010 con George Clooney e Violante Placido, girato nell’Abruzzo terremotato, A Most Wanted Man  del 2014, film di spionaggio basato su un romanzo di John le Carrè, dove ha lavorato per l’ultima volta Philip Seymour Hoffman. Life  del 2015, presentato al Festival di Berlino, è il suo ultimo film: racconta i retroscena delle famose fotografie scattate da Dennis Stock a James Dean e pubblicate su Life nel 1955. Non mancano alcuni esempi italiani: il più famoso è quello del regista Alberto Lattuada che pubblica Occhio Quadrato nel 1941 un libro con 26 immagini in bianco e nero. Sono scatti di scorci, uomini, strade e cantieri di Milano, che ne fanno il primo libro fotografico Neorealista. Da ultimo, il regista Roberto De Paolis che nasce fotografo ma esordisce come regista nel 2017 con  Cuori Puri, presentato alla Quinzaine del

Immagine in evidenza Festival di Cannes Cindy Sherman, Untitled Film Still

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