30 Marzo 2019 di Vanessa Avatar

Un laconico titolo in copertina e nelle prime pagine il ritratto di un anziano e attonito signore, fotografato da Berenice Abbott, segnano il fotolibro postumo di un outsider della fotografia: Jean Eugène Auguste Atget (1857-1927). Marinaio in Sudamerica, tornato in Francia per seguire la sua frustrata passione per il teatro, approdò da quarantenne autodidatta alla fotografia, per realizzare un sistematico progetto di documentazione dell’Ile de France e di Parigi. Un metodico e ossessivo lavoro di catalogazione e archiviazione di quasi diecimila lastre 18x24cm, Documents pour Artists , pazientemente raccolti in una serie di album tematici. Una visione originale e autentica di un mondo che si stava trasformando rapidamente fino a scomparire.

Le fotografie di Atget testimoniavano la perdita di un patrimonio umano e sociale

Le fotografie di Atget testimoniavano, senza rimpianti e sentimentalismi, la perdita di un patrimonio umano e sociale svelando, al tempo stesso, un territorio di povertà e di miseria lontano da ogni pretenziosa grandeur monumentale della Ville Lumière. Man Ray illustrò con quattro sue fotografie La Revolution Surréaliste del giugno 1926, con la raccomandazione di Atget di non dichiararne l’autore perché «sono solo documenti». Poeta artigiano, lo definì Pierre Marc Orlan –, la sua fortuna critica è tutta postuma –. La rivista L’art vivante  del 4 giugno 1928, lo riconobbe come precursore della fotografia surrealista. Cinque sue foto furono quindi inserite nell’epocale mostra Film und Foto di Stoccarda nel 1929. Il giovane Cartier-Bresson, affascinato dalle sue immagini, iniziò a fotografare anch’egli con un apparecchio a lastre 9×12 con treppiede e telo nero, prima di scoprire il formato Leica. Berenice Abbott, assistente di Man Ray, e Julien Levy che, alla morte di Atget, avevano acquistato 3.500 immagini, fecero la selezione per Photographe de Paris , convincendo Erhard Weyhe, proprietario della galleria- libreria dove si teneva la mostra a finanziare la pubblicazione del libro.

Atget. Photographe de Paris

Atget. Photographe de Paris  venne recensito nel febbraio 1931 su La Casa Bella , la rivista di architettura diretta da Giuseppe Pagano e Edoardo Persico, come «un libro magico, con un taglio metafisico alla De Chirico e un contenuto morale e storico. Sembra di essere di fronte all’opera di un critico e un poeta, che realizza l’idea che Balzac aveva del romanziere come storico della vita privata». Anche Walker Evans, pur non apprezzando il libro, per la sua vecchia impostazione grafica e la scarsa definizione delle immagini, era stato fortemente colpito dalla visione antiretorica di Atget. L’attenzione ai dettagli e alle semplici ed essenziali inquadrature influenzeranno il suo stile documentario , che segnerà tutto il suo percorso fotografico di «carezze fatte al mondo». Atget. Photographe de Paris non è un libro perfetto, malgrado la raffinata riproduzione in collotipia – molte immagini non sono tecnicamente impeccabili per sfocature e vignettature –, ma è un fotolibro fondamentale che rivela la fotografia come linguaggio della modernità. Inserito in tutti i testi sui fotolibri più importanti è molto ricercato e raggiunge quotazioni tra i 1.200 e i 1.500 euro

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