1 Aprile 2019 di Vanessa Avatar

La Galleria del Cembalo propone, a partire dal 12 aprile fino al 24 maggio 2019, due mostre in dialogo fra loro sul tema della città. Life, Still, di Alessio Romenzi, ed Ergo Sum, di Valerio Polici, raccontano una condizione di precarietà urbana scandita dal passo di chi cerca uno spazio per vivere, oppure una traccia del proprio essere nel mondo, un’affermazione identitaria.

Life, Still, di Alessio Romenzi

La devastazione causata dalla guerra è protagonista assoluta degli scatti presentati nella mostra Life, Still che Alessio Romenzi realizza tra dicembre 2017 e aprile 2018 a Mosul, Raqqa e Sirte. L’autore ritorna in queste città dopo la fine del conflitto per documentarne il disfacimento, che egli stesso definisce ‘uno scenario di distruzione apocalittica’. Nel racconto di ciò che rimane, Romenzi metabolizza la capacità di sintesi dell’immagine, derivante dalla sua esperienza di fotoreporter, per affrontare una riflessione più profonda e meditata, offerta dall’osservazione a distanza. Infatti, la serie supera intenzionalmente lo svolgimento delle azioni belliche, per interrogarsi sulle sue conseguenze. Il cortile della scuola nel quartiere di Ghiza e la sala interna del centro conferenze Ougadougou III a Sirte, gli esterni del Palazzo delle assicurazioni governative e la Moschea a Mosul, centri propulsori di attività pedagogiche, culturali, religiose, e politiche sono segnati dalla guerra. Il ponte Al Shogada di Mosul, sospeso in un’atmosfera crepuscolare, crolla sotto il peso delle bombe. Tra scheletri di palazzi e cumuli di macerie, si intravede il ricordo di quanto è accaduto: la saracinesca alzata di un negozio, un semaforo ancora in funzione, la vita delle persone al confine con la guerra. Sono queste le “insopprimibili esistenze” di cui Giovanna Calvenzi scrive nell’introduzione al catalogo Life, Still, come
“reazione alla morte e una speranza di futuro possibile”.

Ergo Sum, di Valerio Polici

Ergo Sum è il progetto fotografico che Valerio Polici ha realizzato tra Europa e Argentina nell’ arco temporale di sei anni. Polici vuole ritrarre la città sotterranea dei writers e la sua prospettiva mette in risalto il legame tra il tessuto urbano e gli artisti, dei quali enfatizza le potenzialità creative e le necessità espressive, elementi che prendono vita di notte, ai margini della città. Seguendo alcuni writers protagonisti dei suoi scatti, da lui definiti ‘compagni di avventura’, l’artista cattura, in un convulso bianco e nero, i luoghi periferici e interdetti del panorama metropolitano e industriale “in cui le identità definite si perdono e lasciano il passo a infinite possibilità”. È qui l’esperienza stessa, come sottolinea Chiara Pirozzi, a porsi come creatrice di rapporti ‘culturali e sociali, sconosciuti e inaspettati’. Nonostante Polici sia materialmente dietro la macchina fotografica e quindi “testimone” degli eventi, il suo personale coinvolgimento emotivo segna in modo indelebile un lavoro in grado di restituire visivamente l’adrenalina del momento e l’imprevedibilità del suo epilogo.
Il fotografo stesso racconta di fughe repentine, provocate dal suono improvviso di un allarme, e di lunghe attese, che lui stesso ha vissuto nascosto insieme agli altri street artist, nel tentativo di non farsi cogliere in flagrante dalla vigilanza, di cui si percepisce l’avvicinarsi nella velocità di una messa a fuoco instabile. Il movimento di quel ‘viaggio negli spazi intestinali della metropoli’ è ulteriormente enfatizzato dall’artista tramite il video presente in mostra. Costruito su un’assonanza con le telecamere di sorveglianza, riproduce in loop l’esperienza errante dei writers. Polici si fa, quindi, protagonista e comparsa di un universo subordinato, la cui voce corre inesausta da una nicchia verso il mondo emerso, di cui la Galleria del Cembalo si propone una moderna cassa di risonanza.


Galleria del Cembalo
Largo della Fontanella di Borghese, 19 – Roma

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