Inauguriamo oggi una nuova rubrica dedicata alla fotografia di reportage! Settimana dopo settimana, il giornalista e fotografo Michele Dalla Palma ci indicherà quali sono le esperienze che costituiscono il bagaglio irrinunciabile di ogni fotografo, svelandoci trucchi e segreti per costruire un racconto fotografico di successo.
Vedere non è guardare
Vedere è un’azione automatica e meccanica che, attraverso l’occhio, ci consente di percepire luci e ombre, colori e sfumature. Vedere è un atto per molti aspetti involontario che riprogrammiamo in continuazione e che ci serve per aver sempre la percezione precisa del nostro essere nello spazio. Infine, vedere è un senso che serve istante per istante, e di cui ricordiamo solo quei pochi messaggi fondamentali che ci sono utili per ripercorrere quell’azione, quel percorso o poche altre informazioni.
Guardare ha nel vedere soltanto l’azione iniziale. Guardare significa mettere in funzione un insieme di percezioni, che dall’immagine complessiva separano dettagli e particolari, li analizzano, li ricompongono e poi li immagazzinano in una memoria permanente con l’obbiettivo di ricostruire quella visione anche quando è svanita. Guardare è un’azione volontaria che ha come finalità il tentare di impossessarsi dell’essenza di ciò che si vede, fissandola nel ricordo.
Lo sguardo del fotografo di reportage
Non basta possedere una macchina fotografica per essere un fotografo. Solo dopo infinite foto non scattate, ma immagazzinate nella memoria, si può intuire di avere uno “sguardo fotografico”. Da quel momento in poi, il desiderio di imprigionare in un per sempre, in uno scatto, il tempo, un attimo unico e irripetibile, quell’inquadratura, quella luce, diventerà una malattia da cui è molto difficile guarire. Ma ci accompagnerà, invece, stimolando le nostre sensibilità, le nostre prospettive, le nostre intuizioni, a conoscere un po’ più a fondo noi stessi.
Nella pratica
Per tre giorni all’anno, ai primi di luglio, Castelluccio di Norcia si trasforma in un delirio di colori. Il bracconiere di immagini, allora, deve essere pronto a correre per catturare la preda, altrimenti dovrà aspettare un altro, lungo anno.
La realtà è sempre straordinariamente affascinante, e allora perché manipolarla? L’ideale è sempre coglierla nella sua essenza. Ho sempre cercato di far assomigliare il più possibile i miei scatti a quello che guardavo. Nelle mie immagini non c’è alcuna manipolazione se non, ma solo quando serve, l’ottimizzazione del contrasto e l’eliminazione delle luci spurie dell’istogramma, azioni che si compivano anche in camera oscura con mascherature e uso di carte dure o morbide per definire il contrasto.
Michele Dalla Palma
Giornalista e fotografo, ha realizzato centinaia di reportage. È Direttore della rivista TREKKING&Outdoor, una delle testate più qualificate nell’ambito del turismo responsabile. Docente Master alla Nikon School Travel, organizza corsi di fotoreportage in Italia e all’estero. È coordinatore delle Photography Expeditions del National Geographic e accompagna come Tour Leader alcune Photography Experience nei luoghi più affascinanti del pianeta.
http://www.micheledallapalma.it