I grafici MTF forniti da Nikon ci consentono di valutare le prestazioni di un’ottica ma non sempre il loro significato è chiaro...

5 Luglio 2022 di Redazione Redazione

Come valutare le prestazioni di un’ottica? Ci vengono in aiuto i grafici MTF, forniti da Nikon per sottolineare le qualità ottiche dei suoi obiettivi e utili per mettere a confronto le performance di diversi modelli dello stesso marchio. Ecco qual è il loro significato.

Valutare le prestazioni di un’ottica #1

Un confine è un bordo, una linea di divisione che ci permette di distinguere un oggetto da un altro. Se parliamo di lenti e obiettivi, i confini diventano importanti perché sono legati a concetti come risoluzione e contrasto, termini intuitivi che nascondono realtà complesse.

Risoluzione e contrasto sono alla base dei grafici MTF che descrivono la qualità di una lente, ma che risultano spesso di difficile interpretazione. Proviamo a spiegarli nel modo più semplice possibile.

La sigla MTF deriva dalle iniziali dell’espressione Modulation Transfer Function, ossia “funzione di trasferimento di modulazione”, che va spiegata. Un obiettivo è un sistema che riceve un segnale in ingresso (la luce incidente) e lo ripropone in uscita (la luce che esce sul lato opposto).

Un sistema ottico ideale non modificherebbe la luce in alcun modo, ossia non la “modulerebbe”. Nella realtà, diversi fattori contribuiscono a degradare il segnale trasmesso dalle lenti. Una funzione di trasferimento è un’espressione matematica che descrive la variazione del segnale in uscita in funzione del segnale in ingresso. La rappresentazione grafica di questa variazione è una curva chiamata “curva di trasferimento”, o “curva caratteristica”.

In sostanza, è una curva che descrive come la lente influenza la trasmissione del segnale luminoso che la colpisce. I concetti fondamentali in gioco sono due. Il contrasto e la risoluzione della lente.

Il contrasto

La figura 1 (in alto) riproduce la stessa scritta in due forme diverse. Nella parte superiore, la scritta appare in nero su sfondo bianco. Nella parte inferiore, la scritta è grigia e lo sfondo è un grigio appena più chiaro. La scritta risulta in questo caso molto meno leggibile. Se ci allontaniamo progressivamente continuando a guardare la figura, a un certo punto riusciremo a distinguere bene la scritta nera, mentre quella grigia si confonderà con lo sfondo a un punto tale da risultare illeggibile.

Tutto dipende dai bordi: fino a che il nostro sistema visivo riesce a distinguere il confine tra lettere e sfondo, riusciamo a leggere la parola. Quando il confine si confonde, la leggibilità viene meno. È un esempio, ma serve a chiarire il concetto: in ottica, il contrasto è la capacità di un sistema di lenti di riprodurre correttamente la differenza di intensità luminosa tra un’area e un’altra. Se fotografassimo la scritta nera ottenendo come risultato la parte inferiore della figura, diremmo che il nostro obiettivo ha un contrasto molto basso.

La risoluzione di una lente

Figura 2

Parliamo ora della risoluzione, intesa come grandezza ottica. La griglia di figura 2 misura esattamente 5 x 5 cm (nel formato originale). Contiene 25 linee nere larghe 1 mm e distanziate di 1 mm l’una dall’altra. La coppia formata da una linea nera e una linea bianca è larga 2 mm e prende il nome di “ciclo”. Il numero di volte che un ciclo si ripete in un’unità di misura lineare è chiamato “frequenza spaziale”. In questo caso, dal momento che abbiamo cinque cicli per cm, diremo che la frequenza spaziale è di 5 cicli/cm.

In figura 3, lo spessore delle linee si dimezza (0,5 mm). Questo implica che la frequenza spaziale sia più elevata, perché in 1 cm trovano ora posto 10 cicli. Il suo valore è quindi di 10 cicli/cm, il doppio di prima. Pattern di linee simili a questi vengono utilizzati per misurare la risoluzione, che è la capacità di un sistema ottico di distinguere il dettaglio in un oggetto.

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Figura 3

Quando osserviamo una fotografia a monitor, non dobbiamo dimenticare che l’immagine è stata formata da un obiettivo, catturata da un sensore, e anche che la stiamo osservando su un dispositivo: ciascun elemento della catena contribuisce alla risoluzione finale.

Limitandoci all’obiettivo, sarebbe bello se un’ottica fosse in grado di distinguere dettagli infinitamente sottili. Purtroppo questa risoluzione infinita è impossibile, indipendentemente dalla qualità delle lenti, perché il fenomeno fisico della diffrazione impone un limite alla risoluzione massima ottenibile. Gli obiettivi reali non raggiungono tale limite, e la loro risoluzione risulta inferiore a quella massima teorica.

Valutare le prestazioni di un’ottica: contrasto vs risoluzione

Contrasto e risoluzione sono diversi. In figura 4, la versione A appare ben contrastata (le aree più chiare e quelle più scure hanno luminanza molto diversa) e ben definita (si distinguono i dettagli minuti delle ciglia e della pelle). La versione A ha quindi contrasto e risoluzione elevati. La versione B ha un contrasto molto basso, ma mostra lo stesso livello di dettaglio della versione A.

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Figura 4

Facciamo più fatica a distinguere i particolari minuti, ma questo è dovuto alla minore variazione di luminanza, non al fatto che i dettagli siano assenti. Diremo quindi che la versione B ha contrasto basso e risoluzione elevata.

La versione C ha una risoluzione inferiore, ma lo stesso contrasto della versione A. Le ciglia si distinguono, ma la definizione del dettaglio è molto bassa. Possiamo dire che la versione C ha contrasto elevato e risoluzione bassa.

Il termine “risoluzione”, purtroppo, è uno dei più confusi in assoluto nel campo delle immagini digitali. Tecnicamente, affermare che le versioni A e B hanno una risoluzione elevata è poco corretto. Il modo giusto di descriverle è affermare che appaiono nitide.

La percezione della nitidezza è molto soggettiva. Alcuni osservatori potrebbero giudicare nitida un’immagine che altri trovano troppo “morbida”. Questo rende molto difficile dare un giudizio attendibile sulla qualità di un obiettivo, perché l’aspetto delle immagini prodotte viene valutato in maniera diversa da osservatori diversi. Quando si cerca di definire la nitidezza in maniera più oggettiva, si scopre che le variabili in gioco sono due: oltre alla risoluzione appena discussa entra in gioco l’“acutanza”.

L’acutanza non ha a che fare con la finezza dei dettagli, ma con le transizioni che separano un oggetto da un altro in un’immagine, ovvero con i confini degli oggetti. Possiamo aumentare l’acutanza in vari modi, ad esempio applicando una maschera di contrasto, ma questo non aumenta la risoluzione dell’immagine. Dal momento che l’acutanza non riguarda i sistemi ottici, non la consideriamo in questo contesto, limitandoci a parlare della risoluzione.

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