Preghiera per l’umana finitezza [A Wim Wenders e l’angelo Damiel]
A volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa.
E allora non vorrei più fluttuare così, in eterno:
vorrei sentire un peso dentro di me, che mi levi questa infinitezza legandomi in qualche modo alla terra, a ogni passo, a ogni colpo di vento.
Vorrei poter dire: “ora”, “ora”, e “ora”.
E non più “da sempre”, “in eterno”.
Per esempio… non so… sedersi al tavolo da gioco, ed essere salutato…anche solo con un cenno…
Non che io voglia generare subito un bambino, o piantare un albero.
Ma in fondo sarebbe già qualcosa ritornare a casa dopo un lungo giorno, dar da mangiare al gatto, avere la febbre, le dita nere per aver letto il giornale;
non entusiasmarsi solo per lo spirito, ma finalmente anche per un pranzo, per la linea di una nuca, per un orecchio;
mentire, e spudoratamente;
e camminando sentire che le ossa camminano con te;
supporre, magari, invece di sapere sempre tutto…
“Ah!”, “oh!”, “ahi!”: poterlo dire, finalmente, invece di “sì” e “amen”.
(cit. Damiel in “Il cielo sopra Berlino”)
fotografia per “Esercizio a tema”: FACCE E MANI
Via delle Porte Sante, 34, Firenze, FI, Italia
2016/08/11
EF-S17-55mm f/2.8 IS USM
ISO 1/125
F4
44,0 mm
Manuale