Mio padre
Questa è una raccolta immagini, un progetto, qualcosa, su mio padre. Era già da tempo che volevo pubblicare questo lavoro, ma non me la sentivo; di base odio esporre la mia emotività, i miei sentimenti, mi chiudo a riccio per via dei meccanismi complessi della mia mente piena di kebab e scatolette di tonno. Il motivo principale per cui fotografo mio padre, e motivo di tale raccolta e progetto, è perché molto semplicemente non ho mai fotografato mia mamma, neanche per sbaglio e neanche nelle foto che a cazzo facevamo da piccoli. E’ una ferita che mi accompagnerà sempre, presumo e non a caso raramente faccio foto “allegre”, a meno che il momento ripreso non lo sia di suo. Ho optato per il bianco e nero, perché lo prediligo, mi piace e come alcuni maestri, per me, per il mio modo di fotografare, che è molto opinabile, riesce a distrarmi meno dal senso della foto a colori (ovviamente dipende da che tipo di foto a colori), lo reputo più evocativo, emozionale. Ho cercato, spinto dalla mancanza, di fotografare mio padre, cercando di carpirne l’essenza, cosa non facile, visto che, anche se può non sembrare, è molto restio nel farsi fotografare; come dargli torto d’altronde. In questi mesi ho fotografato molte persone, dai ritratti, ai matrimoni a persone con patologie non molto simpatiche. In tutti i casi ho notato, anche se non ci voleva uno scienziato a notarlo, che col passare del tempo, la percezione di sé stessi cambia, anche a distanza di giorni, essendo quasi sempre più negativa, perché vediamo i segni del tempo scorrere sui nostri volti (sto cazzo che frase a effetto, toh). Di conseguenza pure mio padre, credo, spero non legga, ha iniziato a notare questo, infastidendosi un po’, perché alla fine le fotografie di noi stessi spesso ci fanno da specchio e un po’ tendono a rattristarci perché vediamo come eravamo e cosa avevamo.