7 Gennaio 2020 di Vanessa Avatar

7 gennaio 1839: François Jean Dominique Arago presenta all’Accademia di Scienze di Parigi il dagherrotipo ( per leggere altri articoli clicca qui), procedimento fotografico per lo sviluppo delle immagini messo a punto da Louis Jacques Mandé Daguerre a partire da un’idea di Joseph Nicéphore Niépce ( per un approfondimento clicca qui). È la nascita ufficiale della fotografia, benché si debba all’inglese William Fox Talbot – battuto sul tempo da Daguerre – l’invenzione della fotografia per come la intendiamo oggi, ossia una matrice riproducibile potenzialmente all’infinito. Al di là delle contese sulla paternità, è indubbio che la nascita della fotografia fu una rivoluzione che sconvolse il mondo dell’arte, tanto che Paul Gauguin ebbe a dire: «Sono entrate le macchine, l’arte è uscita… Sono lontano dal pensare che la fotografia possa esserci utile». Molti artisti, dunque, guardarono con un certo pregiudizio all’ottava arte, molti le negarono perfino la dignità di arte, considerandola non uno strumento per creare – come la pittura o la scultura – ma solo per riprodurre meccanicamente. Altri, invece, intravidero nella fotografia la possibilità di rapportarsi in modo nuovo alla realtà e si appropriarono del mezzo, facendone un uso originale. Alla nascita della fotografia e all’incontro (a volte scontro) con le arti è dedicata la mostra Arte e arti. Pittura, grafica e fotografia nell’Ottocento, ospitata fino al 2 febbraio alla Pinacoteca Giovanni Züst a Rancate (Cantone Ticino). L’esposizione, curata da Matteo Bianchi, riunisce le opere di autori che tra fine Ottocento e inizio Novecento si accostarono al nuovo linguaggio, dando vita a un dialogo inedito, come Filippo Franzoni, che fece largo uso della nuova tecnica nella costruzione di autoritratti e paesaggi, o ancora Uberto dell’Orto e Angelo Morbelli, che utilizzarono la fotografia come mezzo di indagine sul vero
 

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