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  • L’Aquila, un giorno normale.

    Sono le 5:30 di un 6 aprile qualsiasi, è ancora buio e sono sull’autobus quasi vuoto che mi riporterà a casa. Sono in quello stato mentale che sempre mi accompagna quando sto arrivando o sto andando via dall’Aquila. Un misto tra felicità, tristezza e malinconia che non lascia spazio ad alcuna certezza.
    Mentre nel buio percorriamo il lungo tunnel del gran sasso e sorpassiamo degli spazzaneve, cosa che fa presagire la possibilità di trovare la neve più avanti, ripenso a questi due brevi, ma intensi giorni appena trascorsi. In particolare mi torna in mente sabato mattina quando armato della mia digitale ho deciso di andare a fare un giro in centro. Passando per via XX settembre scopro che via Sallustio è aperta e pensando di trovare " vita " mi infilo con l’auto e la percorro per metà fin quando non trovo un cartello che sconsiglia di continuare.
    Da lì intravedo in fondo i portici e ripenso alle migliaia di volte che ho

  • Da lì intravedo in fondo i portici e ripenso alle migliaia di volte che ho percorso questa via. Scendo e comincio a passeggiare ma sono solo e intorno a me ci sono palazzi ancora sventrati e pericolanti. Mentre osservo e scatto mi chiedo: perché è stata riaperta se sembra di essere in una strada di Baghdad dopo i bombardamenti? Evito di cercare risposte e continuo a scattare e camminare nel silenzio " assordante ". Poi vedo un tavolino con delle sedie e penso tra me, deve essere rimasto lì dal terremoto! Mi avvicino e vedo che c’è un bar aperto e anche molto grazioso.
    Entro, chiedo alla gentilissima proprietaria un caffè, prendo una pasta e scambio due chiacchiere cordiali con la donna. Nel fine settimana non c’è molta gente in questa via, mi dice, ma nei giorni feriali si riempie, sa, ci sono degli uffici più giù e gli impiegati vengono a prendere il caffè, a mangiare un panino, si riempie il bar e anche la strada, continua sorridendo. Io l’ascolto tra un mis

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