“In primavera non vidi fiori”

Questa serie di autoritratti è composta da otto fotografie e porta con sé un doppio significato. Da un lato, come suggerisce il titolo, seppur presente la primavera all’interno delle foto, richiamata dai fiori, questa in qualche modo non viene percepita. L’idea è che, anche in una stagione come la primavera così luminosa, in cui tutto inizia a risplendere e a fiorire, se si sta vivendo uno stato emotivo particolare, una delusione, una sofferenza, un dolore, di tutto quello che si ha attorno non ci si rende conto. Anche se si è circondati dai fiori, ricoperti dai colori, si rischia di non vederli e anzi tutta quella luce arriva a ferire. Il calore esterno non riesce a riscaldare il freddo interno.

Dall’altro lato, la primavera spesso richiama nuovi inizi, la natura dappertutto fiorisce. In queste fotografie però il soggetto resta sospeso in una primavera che non sboccerà. Ma anzi, dopo un inizio che sembra sereno, dai toni caldi e accoglienti, tutto inizia a farsi più freddo.
Le foto messe in sequenza mostrano l’evolversi di uno stato emotivo fino al suo esaurimento. C’è un momento acuto, rappresentato nelle foto dai colori più forti, tra il blu e il viola, quasi innaturali, fino a che tutto si ghiaccia. Quella primavera, quell’inizio, quella possibilità restano fermi, gelati, sospesi in un non-tempo, non-spazio. La sua essenza non è reale, ma al tempo stesso vivrà per sempre.

Altro tema richiamato da queste fotografie è l’idea di immobilità e congelamento. Ho cercato di riportare visivamente quello che si prova quando si è intrappolati “congelati” in quei ricordi, in quelle emozioni e in quei luoghi del passato che tornano a stregarti, facendoti dimenticare del presente. Mentre tutto si muove, tutto va avanti e le stagioni cambiano, si è rimasti lì, fermi, immobili, paralizzati in qualcosa che non esiste più, ma dal quale non si riesce ad uscire, perché vive ancora alla massima potenza.
© Ludovica De Falco