3 Marzo 2019 di Vanessa Avatar

Un’istantanea presa per le strade di una grande città americana, probabilmente New York. La signora, appartenente alla middle class, pare non prestare attenzione al fotografo che la inquadra dal basso. Sembra un fermo-immagine cinematografico, parte di un racconto più ampio. Siamo certi di avere decodificato l’immagine. Invece no. Quello che stiamo vedendo è un lavoro a noi contemporaneo, di Cindy Sherman. Un autoritratto, o meglio la rappresentazione dello stereotipo che la società americana ha della donna negli Anni 50-60 del XX secolo, prima della contestazione giovanile e delle rivendicazioni femministe. Non si tratta dell’unico autoritratto di Cindy Sherman, ma di uno degli infiniti “selfie” da lei messi in scena nell’arco della sua carriera. Cindy Sherman ha deciso di analizzare l’immaginario sociale della donna attraverso le più varie presentazioni di se stessa di volta in volta cambiando lo stile, l’identità, mostrando infine come una donna e un volto siano manipolabili all’interno di un medesimo cliché. Ogni fotografia del progetto è significativa, ma è vedendo il lavoro nel suo complesso, composto da 69 immagini, che se ne comprende appieno il significato.
Cindy Sherman (1954) è tra le fotografe contemporanee più conosciute. Ha iniziato a interessarsi alla fotografia ancora al college e presto si è unita ad altri artisti costituendo, nel 1974, Hallwalls, un centro per l’arte e gli artisti. I suoi progetti sono sempre lavori seriali che la vedono allo stesso tempo fotografa e fotografata.

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