12 Dicembre 2019 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

Risultato di quindici anni di lavoro, Bastard Countryside (Campagna bastarda), il primo libro del fotografo documentarista Robin Friend, propone una visione non idealizzata della campagna britannica, indagandone le zone d’ombra, le realtà trascurate, le brutture frutto dell’inquinamento e dell’abbandono.

Bastard Countryside, il primo libro di Robin Friend

«I paesaggi pettinati e curati, da cartolina, non mi interessano. Sono una fantasia, non la realtà vissuta dalla maggior parte di noi. Il paesaggio che conosco è costellato di spazzatura, macchine arrugginite, morte e residui industriali. Ma queste cose possono anche essere belle». Attraverso immagini di grande formato, rese di forte impatto attraverso l’esasperazione del colore e della composizione, Friend sottolinea la distanza tra la realtà presente e le descrizioni bucoliche e idilliache della campagna britannica tramandateci da pittori e scrittori del passato, andando alla ricerca di quella “terra di mezzo” sospesa tra città e ambiente rurale. Non a caso, il titolo scelto dal fotografo rimanda a I miserabili di Victor Hugo. «A un certo punto – dice Friend a proposito del drammaturgo francese – riflette sulla città e la paragona a un anfibio che si distende verso la campagna e la divora. C’è una zona in cui l’urbano e il rurale collidono e creano strane forme di bellezza e bruttezza: credo molto in questa idea, che è quella che volevo catturare nelle immagini».

Robin Friend e il significato dell’essere fotografo

Quando Friend ha cominciato a scattare le fotografie che poi sarebbero confluite in Bastard Countryside – dando vita a un progetto coerente – non era mosso dalla volontà di infondere nelle immagini un messaggio ambientalista. «Gradualmente, man mano che crescevo e, come tutti credo, diventavo più consapevole della nostra impronta e della distruzione che stiamo portando, il messaggio ha preso sempre più corpo nelle immagini. Non credo che di questi tempi sia possibile guardare queste immagini e non leggerle nella consapevolezza del nostro impatto sull’ambiente e dei danni che stiamo infliggendo al pianeta». L’ottava arte diviene, ancora una volta, il medium attraverso cui veicolare temi importanti e d’attualità. «La fotografia – sottolinea Friend – è uno strumento potentissimo perché può eliminare qualsiasi sovrastruttura e arrivare diritta al cuore delle cose, all’istante».

Per sapere di più su Robin Friend leggete l’intervista di Martin Parr, il fotoreporter più politicamente scorretto dell’agenzia Magnum Photos, pubblicata sul numero 203 di Digital Camera Magazine in edicola. Per la versione digitale clicca qui.

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