13 Marzo 2019 di Vanessa Avatar

René Burri, l’autore di Magnum racconta con la fotografia i cambiamenti storici, politici e culturali del Novecento.

Il percorso di vita e di studi che ha condotto il celebre reporter svizzero a occupare le copertine più prestigiose della stampa internazionale prende il via dalla Scuola di Arti Applicate della città di Zurigo, tra le file degli studenti di Hans Finsler, personalità di spicco del movimento del Bauhaus. Qui René Burri frequenta i corsi di pittura e grafica, dal 1949 al 1953, e acquisisce la predisposizione al metodo dell’osservazione riflessiva che conduce alla composizione dell’immagine attraverso l’espressione di un’idea o di un pensiero. I primi anni della carriera li dedica al cinema, lavorando come regista e aiuto cameraman in alcune produzioni di Walt Disney. Ma la vena documentarista si affina con la pratica fotografica, durante gli anni del servizio militare con al collo un’inseparabile Leica. A quel periodo risale il primo memorabile reportage che l’autore dedica a una comunità di bambini sordi, conquistandosi la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Life e, nel 1955, la nomina dell’agenzia Magnum, che lo ammette tra i suoi fotografi di fama internazionale.

René Burri e il fotogiornalismo

Il fotogiornalismo. «A quell’epoca la fotografia giornalistica sembrava una meta irraggiungibile. Arrivato sui posti, spesso la situazione mi sembrava insopportabile. Ho visto delle cose atroci e in quei momenti mi sono detto “attenzione, vecchio mio, oltre a vedere le cose bisogna anche guardarci dentro, con queste immagini si può anche gettare polvere negli occhi”. Si combatte dunque quando si fotografa, in situazioni dure, e si lotta di nuovo al ritorno, per difendere la propria libertà d’espressione e una certa verità».

Così, in un’intervista rilasciata nel 2004, in occasione della grande retrospettiva al Musée de l’Elysée di Losanna, René Burri esprimeva il suo pensiero sul fotogiornalismo, sul valore etico del mestiere del reporter e sulla grande responsabilità dell’informazione nella persuasione delle masse. Con queste parole indicava la strada di una professione con cui egli stesso era stato capace di penetrare gli  eventi più importanti del XX secolo, restituendone un’immagine profonda e memorabile. I suoi reportage hanno seguito il corso dei più importanti cambiamenti politici e sociali in atto, in Europa, nel Medio Oriente, in Asia e in America Latina. Nel corso della sua carriera, ha fotografato protagonisti della cultura come Picasso, Giacometti e Le Corbusier; ha conosciuto da vicino le dinamiche della rivoluzione cubana, ritraendo e intervistando in esclusiva il comandante Ernesto Che Guevara.
È stato un osservatore riflessivo e puntuale degli eventi più significativi del Novecento. Interessato ai meccanismi interni della storia, così come alle sue ripercussioni sulla vita sociale e culturale delle nazioni.

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