“Niente di nuovo sul fronte occidentale” ha vinto l’Oscar alla miglior fotografia: ma cosa fa un direttore della fotografia?

24 Marzo 2023 di Redazione Redazione

L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha recentemente assegnato i Premi Oscar 2023, tra cui anche l’Oscar alla miglior fotografia. A trionfare in questa categoria è stato Niente di nuovo sul fronte occidentale diretto da Edward Berger con il suo direttore della fotografia James Friend.

I Premi Oscar alla miglior fotografia

Si tratta della prima statuetta per James Friend che con Niente di nuovo sul fronte occidentale (che ha collezionato quattro Premi Oscar su nove nomination) si è imposto sugli altri film candidati: Bardo, la cronaca falsa di alcune verità; Elvis; Empire of Light; Tár. I toni freddi e cupi della sua fotografia hanno, infatti, saputo accompagnare al meglio le drammatiche vicende dei giovani protagonisti.

Negli anni, ad aggiudicarsi l’Oscar alla miglior fotografia sono stati film che hanno scritto la storia del cinema. Da Incontri ravvicinati del terzo tipo diretto da Steven Spielberg (vincitore nel 1978) ad Apocalypse Now di Francis Ford Coppola (1980). Da Mission diretto da Roland Joffé (1986) a Balla coi lupi (1991), diretto e interpretato da Kevin Costner. Ancora, Schindler’s List – La lista di Schindler di Steven Spielberg (1994), Titanic di James Cameron (1998) e Salvate il soldato Ryan, diretto ancora una volta da Spielberg (1999).

Atmosfere immaginifiche

Entrando negli anni Duemila, non si può non citare Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello di Peter Jackson, primo capitolo della trilogia dedicata ai romanzi di Tolkien, la cui Terra di Mezzo è stata magnificamente resa dal direttore della fotografia Andrew Lesnie. Ancora, The Aviator di Martin Scorsese (Oscar alla miglior fotografia 2005 per Robert Richardson) e The Millionaire di Danny Boyle (statuetta nel 2009 per Anthony Dod Mantle).

Nel 2010 è Mauro Fiore ad aggiudicarsi l’Oscar alla miglior fotografia per Avatar di James Cameron, per aver contribuito a quella “forza immaginifica” capace di rinnovare la magia del cinema, come scrisse Gaetano Vallini su L’Osservatore Romano. Al colossal di Cameron sono seguiti Inception di Christopher Nolan (Oscar per la miglior fotografia a Wally Pfister nel 2011) e la “trilogia” del direttore della fotografia Emmanuel Lubezki: nel 2014 per Gravity, nel 2015 per Birdman e nel 2016 per The Revenant. Tra i film premiati anche La La Land, Blade Runner 2049, Roma, 1917, Dune… Storie che ci hanno fatto emozionare e sognare, come solo il grande cinema sa fare, in attesa di conoscere i futuri vincitori.

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Chi è il direttore della fotografia?

Dopo questa carrellata di Oscar alla miglior fotografia, ti stai chiedendo di che cosa si occupa esattamente un direttore della fotografia? Per comprendere l’importanza del suo ruolo nella riuscita di un film occorre partire, innanzitutto, da una ridefinizione: non più “direttore della fotografia” ma “autore della fotografia cinematografica”. Una definizione cara a Vittorio Storaro, tre volte Premio Oscar per la migliore fotografia cinematografica (nel 1980 per Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, nel 1982 per Reds di Warren Beatty e nel 1988 per L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci).

“Autore” meglio esprime, infatti, il ruolo creativo che questa figura ha, insieme al regista, nel determinare l’estetica ma anche il taglio narrativo di un film o di una serie tv. Infatti, come spiega Emmanuel Lubezki, anch’egli tre volte Premio Oscar, è importante per ogni film “trovare uno specifico linguaggio per raccontare una specifica storia”.

Illuminare e inquadrare

Lo strumento principale nelle mani dell’autore della fotografia cinematografica, così come del fotografo, è la luce. Dunque, suo primo compito è impostare l’illuminazione della scena, aspetto che ha un ruolo cruciale sull’impatto finale delle immagini e sulla drammaturgia. A questo si unisce la composizione dell’inquadratura, che comprende il controllo dei movimenti della macchina da presa, la scelta dell’angolo di ripresa, delle ottiche, dell’apertura del diaframma, che a sua volta influenza la profondità di campo, e molti altri: tutti aspetti che la fotografia cinematografica condivide con la fotografia “classica”.

Tutto questo, però, cercando sempre di mantenere una coerenza di linguaggio per l’intera durata del film. Come spiegava Vittorio Storaro in occasione di una mostra a lui dedicata a Palazzo Merulana a Roma nel 2020: “La fotografia è espressione in una singola immagine, come la pittura; la cinematografia è invece un’espressione in immagini multiple”. Immagini multiple che, grazie all’ingegno di tutte le persone coinvolte nella realizzazione di un film, si uniscono a creare un capolavoro.

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