11 Dicembre 2020 di Redazione Redazione

Autoritratto: oggi è divenuto sinonimo di selfie, realizzato spesso in modo frettoloso, altre volte in modo eccessivamente artefatto. Eppure, in fotografia, l’autoritratto ha conosciuto esempi illustri e, se affrontato in modo originale, può regalare grandi soddisfazioni. È il caso di Erika Zolli che, nell’ambito del progetto Metamorphosis of Self, ha voluto decostruire l’autoritratto classico trasformandolo in un perfetto esempio di creatività.

Racconta Erika Zolli: «L’autoritratto immerge nell’interiorità il soggetto. Quest’ultimo non controlla l’immagine, ma al contrario è proprio il processo creativo che permette all’inconscio di parlare con il linguaggio dell’arte. L’autoritratto è un vero e proprio dialogo profondo con se stessi, guidato dall’intuizione di chi scatta». Come è nato questo progetto di “decostruzione”?: «Ho voluto creare tredici rappresentazioni di me stessa; ogni immagine ruota su un concetto che è per me di fondamentale importanza – punti di forza e di debolezza che, attraverso l’arte fotografica, vengono messi a nudo per essere osservati da un occhio che si autoritrae. Nell’autoritratto ci si pone fuori di sé, si diventa stranieri a se stessi e attraverso questo movimento ci si vuole riconoscere creando una sorta di zona di cecità. Esso eccede l’opposizione tra il sensibile e l’intelligibile, fungendo quindi da ponte tra le due parti, permettendo una migliore conoscenza del proprio inconscio».

Nell’autoritratto in alto, estrapolato dalla serie Metamorphosis of Self e intitolato Origami, Erika Zolli ha realizzato dodici scatti, posizionati uno sull’altro attraverso una manipolazione digitale con Photoshop: undici scatti rappresentanti le undici posizioni differenti dell’origami e una foto con il suo autoritratto.

Scopri gli altri autoritratti di Erika Zolli e leggi l’intervista completa a cura di Andrea Rota Nodari su Digital Camera 209 in edicola.

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