Alfredo Camisa
Alfredo Camisa era un lucido visionario. Di sé diceva: «Come mi vedo? Fotografo di avanguardia per quegli anni. Immagini caratterizzate da toni molto aspri, forti contrasti, assenza di mezzi toni. Soggetti “forti” e situazioni al limite del paradosso, rispetto e compiacimento per la forma, a volte per l’orpello, ma sempre spontaneo e mai artificiale né artificioso». Il contribuito di Camisa ha certamente segnato la storia della fotografia italiana. Grazie al suo talento la sua opera è stata riscoperta recentemente, tanto che la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche (FIAF) lo ha insignito del titolo di Maestro Fotografo Italiano, dedicandogli una monografia. I suoi anni erano quelli del secondo dopoguerra, dove l’impronta culturale Neorealista imperava in tutte le forme espressive – Renato Guttuso celebrava nelle sue opere il realismo socialista delle piazze e dei mercati mentre Alberto Burri metteva, nelle sue opere informali, tutta l’angoscia, il dolore e l’atrocità del conflitto appena concluso –. Nello stesso periodo si affacciava alla ribalta del mondo della fotografia la nuova generazione di autori italiani. Da Gianni Berengo Gardin a Paolo Monti, da Fulvio Roiter a Mario De Biasi erano tutti guidati dall’altissimo esempio d’interpreti internazionali come Henri Cartier-Bresson, Robert Capa e Otto Steinert. La strada è stata per molti anni il palcoscenico privilegiato delle loro immagini insieme alle persone che le abitavano, i protagonisti di una storia per nulla romanzata, ma strettamente legata alle verità della vita. Ma per alcuni, quelle strade hanno rappresentato un pretesto, una fonte di stimolo per la propria immaginazione. Ed è qui che s’inserisce lo straordinario stile dell’opera di Alfredo Camisa. L’autore ha saputo coniugare nei suoi scatti l’esperienza formale fondendola con il gusto neorealista di quegli anni. Le sue fotografie colte e mai scontate, contengono, oggi come allora, una sorprendente modernità, una lucida propensione per la composizione e uno sguardo sul mondo filtrato dalle più alte esperienze artistiche, realiste e informali di quell’epoca.
Immagine in evidenza Ultimo binario, 1955