13 Ottobre 2019 di Vanessa Avatar

Julia Margaret Cameron

Julia Margaret Cameron non era una fotografa professionista, eppure è con lei che la fotografia si apre alla ricerca artistica che sarà definita “pittorialismo”. Per sfuggire alla depressione del ritorno in Inghilterra, lei che era nata in India e cresciuta nel mondo, si appassiona alla fotografia fino a diventarne una delle protagoniste più interessanti. Una passione nata per caso la trascinerà a modificare un pollaio in camera oscura, a inseguire bambini, possibili modelli, con la promessa di un premio, a sottoporre amici e conoscenti a lunghissime sessioni di posa, a cercare una propria espressività fuori dalle regole del suo tempo. Capostipite del pittorialismo, Cameron appare atipica in un momento in cui la fotografia è sinonimo di realtà. Tra gli aspetti distintivi della sua poetica, le fantasie ricercate con la fotografia e le messe in posa romantiche, evocative, irreali. Il suo periodo di attività coincide con gli anni da lei trascorsi in Inghilterra tra il 1863 e il 1875. Rientrata a Ceylon smetterà di fotografare, anche per la difficoltà di reperimento del materiale. Fotografa per passione e non per professione, nella sua ricerca si coglie appieno la corrente artistica dei preraffaelliti e la libertà espressiva. Non dovendo sottostare alle necessità commerciali di chi nel ritratto voleva la copia fedele di sé, si lasciò ispirare dal proprio gusto. Partendo dal principio per cui l’obiettivo fotografico non vede come un occhio umano, ricrea la naturalezza dello sguardo mettendo a fuoco solo un punto preciso al centro dell’immagine e lasciando via via più sfocati i margini, grazie all’utilizzo di un’ottica leggermente difettosa.

La creatività è la nostra vera natura; i blocchi sono ostacoli innaturali ad un processo che è insieme tanto normale e tanto miracoloso quanto lo sbocciare di un fiore all’estremità di un esile stelo verde.”

Immagine in evidenza
Io aspetto, 1872 – © Julia Margaret Cameron/ Wikimedia Commons

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