Fino al 23 ottobre, alla Casa dei Tre Oci a Venezia la prima retrospettiva in Italia dedicata a Sabine Weiss e alla sua fotografia umanista.

6 Maggio 2022 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

Fino al 23 ottobre 2022, la Casa dei Tre Oci a Venezia omaggia la fotografa franco-svizzera Sabine Weiss, scomparsa il 28 dicembre 2021. L’ampia retrospettiva, la prima in Italia, è curata da Virginie Chardin e ripercorre il lavoro dell’artista dagli esordi nel 1935 agli anni 2000.

La retrospettiva di Sabine Weiss a Venezia

Commenta la curatrice: «Fin dai suoi primi esperimenti personali, Sabine Weiss è attratta dagli ambienti notturni, da bambini e anziani, i clochard, la solitudine, la povertà, lo spettacolo della strada. Indirizza subito la sua attenzione verso il corpo, i gesti, le emozioni e i sentimenti dell’altro, soprattutto quando è fragile». Non a caso, è ricordata tra i massimi esponenti della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis.

Lei stessa diceva: “Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto”.

Lo testimonia bene il percorso espositivo cui Sabine Weiss ha partecipato attivamente, aprendo i suoi archivi personali, conservati a Parigi, per presentare il suo lavoro in maniera ampia e strutturata.

Corpi, gesti, emozioni

Un lavoro che, fin dall’inizio, si concentra dunque sui corpi e sui gesti, sulle emozioni e sui sentimenti. Che emergono tanto nelle fotografie dei bambini quanto nei servizi di moda realizzati per Vogue, con cui collabora dal 1952 al 1961. E ancora nei ritratti di pittori, scultori, attori e musicisti, tra cui André Breton, Alberto Giacometti, Romy Schneider, Ella Fitzgerald e Brigitte Bardot.

In mostra si potranno ammirare, alcuni per la prima volta in Italia, gli scatti realizzati a New York, dove la fotografa era arrivata a bordo del transatlantico Liberté in compagnia del marito Hugh Weiss nel 1955. Sono immagini dall’umorismo spiccato che raccontano l’America con un punto di vista francese.

Il percorso riserva, inoltre, ampio spazio anche ai lavori realizzati da Sabine Weiss negli anni ’80 e ’90, all’età di sessanta e settant’anni, durante i suoi viaggi nell’Isola di Réunion, in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria, Giappone, Polonia ed Egitto. Come osserva la curatrice Virginie Chardin, «ciò che colpisce lo spettatore è la sensazione di isolamento e a volte di tenera tristezza che queste fotografie tarde emanano, in cui bambini e anziani sono accomunati dalla loro fragilità».

Oltre alle fotografie, in mostra sono presentati anche alcuni estratti dai documentari a lei dedicati (La Chambre Noire di Claude Fayard, 1965; Sabine Weiss di Jean-Pierre Franey, 2005; Il mio lavoro come fotografa di Stéphanie Grosjean, 2014). Qui è la stessa artista a raccontare, in diversi periodi della sua vita, il suo percorso artistico, le sue esperienze di viaggio e la difficoltà (sempre affrontata con coraggio) di essere una fotografa donna.

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www.treoci.org

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