IL FOTOGRAFO 339 è dedicato al rapporto tra fotografia, memoria e famiglia, ieri e oggi: l’editoriale di Pio Tarantini.

21 Dicembre 2022 di Redazione Redazione

IL FOTOGRAFO 339 – ALBUM DI FAMIGLIA è il numero monografico dedicato alle memorie, alle relazioni, alle radici, alle identità. Temi raccontati attraverso gli occhi di Antonio Faccilongo, Fabio Moscatelli, Jessica Todd Harper, Larry Sultan, Sheron Rupp, Tony Gentile, Danilo Coluccio, Giulia Degasperi, John Paul Evans, Moira Ricci, Takako Kido e Vikrant Kano.

Le loro immagini danno vita a un ritratto personale e allo stesso tempo collettivo, da ricomporre pagina dopo pagina.

A firmare l’editoriale di questo numero è Pio Tarantini, fotografo e pubblicista, che riflette sul legame tra fotografia e famiglia, ieri e oggi.

© Giulia Degasperi

IL FOTOGRAFO 339: l’editoriale di Pio Tarantini

La tecnologia digitale attuale consente alla stragrande maggioranza della popolazione mondiale di realizzare fotografie con estrema facilità attraverso telefoni cellulari e altri strumenti, con la conseguente sovrapproduzione di immagini. La gran parte di queste fotografie è relativa a eventi privati, piccoli e grandi, andando a costituire l’album di famiglia contemporaneo, ben diverso da quelli di un tempo, contenitori di stampe cartacee più limitate nella quantità e più cariche di appeal nostalgico.

Tra i tanti studi dedicati a questa questione ricordiamo il famoso saggio Un art moyen. Essai sur les usages sociaux de la photographie (Un’arte media. Saggio sugli usi sociali della fotografia) del sociologo e antropologo francese Pierre Bourdieu che, già negli anni Sessanta, indagava a fondo la questione, mettendo a fuoco esattamente l’importanza sociale delle fotografie familiari, in quanto testimonianze, documentazioni visive degli usi e dei costumi, dei modi di vivere di intere società e generazioni.

L’album di famiglia ieri e oggi

L’album di famiglia dunque come custode della memoria, una memoria privata se si considera l’oggetto singolarmente, ma che diventa storico-sociale se lo si inquadra nel più vasto ambito di esperienza collettiva e generale.

Se Roland Barthes – nel suo La camera chiara – evidenziava più gli aspetti personali e psicologici di fronte a una sua fotografia di famiglia, tocca volgere lo sguardo alle riflessioni di numerosi altri studiosi che si sono occupati degli aspetti storico-sociali dell’album di famiglia.

La bibliografia recente italiana sull’argomento – anche se non particolarmente ricca – si avvale comunque di numerosi progetti editoriali che hanno evidenziato l’importanza storico-sociologica di queste testimonianze fotografiche. E se fino a qualche tempo fa, prima dell’avvento del procedimento digitale, le riflessioni vertevano esclusivamente sul senso primario di queste fotografie – essere cioè importanti documenti sociali – con il procedimento digitale le riflessioni vertono soprattutto sui nuovi modi di gestione e fruizione delle fotografie private.

Sotto questo aspetto, per certi versi, è cambiata anche l’area degli utilizzatori che, servendosi soprattutto dell’uso dei moderni apparecchi in grado di realizzare fotografie, a partire dai telefoni cellulari, ha visto ampliarsi in modo esponenziale la platea delle nuove generazioni.

Il radicale cambiamento che abbiamo vissuto con il passaggio alla fotografia digitale e pervasiva ne influenza anche i linguaggi e il senso ultimo delle stesse immagini. Non più una memoria nostalgica perduta dietro le emulsioni ingiallite in bianco e nero o dietro quelle scolorite delle vecchie fotografie a colori, ma una memoria frammentata, distonica, compulsiva, perduta dietro la quantità che fagocita sé stessa.

IL FOTOGRAFO 339 è in edicola oppure sul nostro store (anche in abbonamento) a questo link

Foto di copertina © Jessica Todd Harper

Lascia un commento

qui