23 Marzo 2020 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati
Il gesto tecnico osservato dal lato del fotografo: è ciò che Alessandro Trovati cerca di fermare nei suoi scatti, permettendo a chi osserva le sue immagini di rivivere – da un punto di vista diverso – le emozioni provate in uno stadio, al traguardo di una pista di sci o, semplicemente, di fronte allo schermo televisivo. Alla base una profonda conoscenza per lo sport, tanta tecnica ma, soprattutto, una grande passione che lo porta ad affrontare una professione gratificante ma non certo facile e che lo tiene lontano da casa per molti mesi l’anno. Ecco che cosa ci ha raccontato.

Alessandro, sei cresciuto immerso nella fotografia sportiva: questo sicuramente ti ha aiutato nella tua carriera, ma cosa hai dovuto mettere in più per eccellere? In più ho dovuto mettere cose che nessuno ti insegna: la passione, la conoscenza dello sport, l’occhio, la fantasia, la creatività, che nella fotografia di sport sono fondamentali perché altrimenti le immagini diventano tutte uguali. E queste sono cose che hai dentro. Le hai o non le hai. Poi ci sono aspetti che alleni con il tempo, con l’esperienza – la scelta della posizione, delle ottiche, come stare tranquillo quando sei a un evento sportivo planetario. Io ho avuto la fortuna di “lavorare a bottega” da mio padre fin da giovanissimo. Nel 1992 mi ha buttato nella mischia: sono stato il più giovane fotografo alle Olimpiadi di Albertville, in Francia. Quella è stata la mia fortuna, perché è chiaro che non tutti hanno la possibilità di fare un’Olimpiade a ventun’ anni, ci sono anche quelli che non ci arrivano nemmeno a sessant’anni. Però il quid in più nasce da te. La ricerca del bello, delle foto grafiche, della composizione…

La conoscenza della disciplina sportiva che fotografi, quindi, è fondamentale? È quasi l’aspetto più importante, perché se non conosci i tempi, i gesti degli atleti, le dinamiche, difficilmente sarai in grado di anticipare l’azione. Perché ora che capisci dove andrà l’atleta… il momento è già passato. Io sono sostenitore della specializzazione, della fotografia di nicchia. Credo sia indispensabile concentrarsi su due-tre discipline, conoscere a fondo l’ambiente, le situazioni, i campi di gara, e quello ti aiuta tantissimo per poter fare la differenza.
Usain Bolt

La finale olimpica dei 100 metri è uno dei momenti più emozionanti per Alessandro. Qui Usain Bolt, a Pechino 2008, vince l’oro stabilendo il nuovo primato mondiale. © Alessandro Trovati


Incoraggeresti un giovane a intraprendere questa professione? E quali consigli gli daresti?
Il mio lavoro attira moltissimo i giovani, soprattutto quelli che amano lo sport, perché ti dà l’opportunità di girare il mondo, conoscere gli atleti, essere presenti agli eventi più importanti a livello mondiale. Consiglio a tutti di provarci ma dico anche che ci vuole molta pazienza perché non è facile. La fotografia sportiva è molto costosa, per quanto riguarda sia gli spostamenti sia l’attrezzatura; poi c’è tutta la questione degli accrediti. All’inizio per un giovane fotografo non è facile. Io consiglio sempre di selezionare due-tre discipline sportive e iniziare dagli eventi minori, per poi specializzarsi e piano piano farsi conoscere. L’appoggio di un’agenzia è fondamentale soprattutto per la copertura delle spese e per gli accrediti. Bisogna fare molta gavetta.
C’è una situazione che ricordi con particolare emozione? Quando sei a un grande evento, per esempio le Olimpiadi, e vince un italiano, è sempre un’emozione. Soprattutto se conosci personalmente l’atleta. Io sono amico di Gregorio Paltrinieri. Gli avevo fatto diverse foto prima di Rio 2016, ci eravamo sentiti qualche giorno prima della gara (i 1.500 metri stile libero), non ci stava più dentro, aveva voglia di gareggiare. Quando l’ho visto sul gradino più alto del podio, ho fatto quasi fatica a scattare perché ero emozionato per lui. Quando è passato davanti ai fotografi, l’ho chiamato, lui si è girato e mi ha fatto l’occhiolino… sono quelle le cose che ti rimangono. Poi, ci sono molte foto a cui sono particolarmente legato, per esempio quella di Pantani che si rinfresca con una spugna durante il Giro d’Italia del 1999.
Pantani

Una delle fotografie a cui Alessandro è più legato: Pantani si rinfresca con una spugna durante il Giro d’Italia, 3 luglio 1999. © Alessandro Trovati

Hai anche qualche rimpianto? Mi viene in mente la celebre immagine di Hermann Maier che cade durante un salto nella discesa libera alle Olimpiadi di Nagano nel 1998. Aveva nevicato nei giorni precedenti la gara e la neve aveva trasformato un banale salto in un “trampolino” che proiettava gli atleti in aria. Gli sciatori erano impreparati e anche noi fotografi che, infatti, ci eravamo posizionati 300 metri più sotto, perché c’era un’altra bella inquadratura. Solo un fotografo di Sport Illustrated era posizionato all’altezza di quel fatidico salto e ha realizzato una sequenza di trentasei scatti, solo uno a fuoco, con Maier che sembra volare. Quando sono entrato in sala stampa, di quella immagine avevano già stampato un’enorme gigantografia e siamo rimasti tutti a bocca aperta. Diciamo che questo è il più grande rimpianto, però sai, nella fotografia sportiva ci vuole anche molta fortuna.

La fotografia, oggi, ha ancora un ruolo importante? E, soprattutto, c’è ancora un futuro per quest’arte e questa professione? La fotografia non finirà mai. Tutti si lamentano del fatto che molta gente ormai usa solo i telefonini e non più le macchine fotografiche. Però ho notato che c’è molta più cultura fotografica. La gente si avvicina sempre di più alla fotografia, anche ragazzi giovani, anche chi usa il telefonino ma poi capisce che con lo smartphone si è molto limitati. Vedo il futuro della fotografia trasformato rispetto al passato, ma credo anche che la fotografia sia indelebile e che ci sarà per sempre.
a cura di Elisabetta Agrati
Per leggere l’intervista completa, acquista Digital Camera Magazine #205 o scarica la versione digitale cliccando qui.

Alessandro Trovati

Alessandro Trovati

© Alberto Chaykowsky

Classe 1971, è figlio di Armando, fondatore della storica agenzia Pentaphoto, specializzata nella fotografia di sport e pubblicitaria. In quasi trent’anni di carriera, con Associated Press e Pentaphoto Alessandro ha coperto i più importanti eventi sportivi a livello internazionale, inclusi la Coppa del Mondo di Sci, il Giro d’Italia, il Tour de France e le Olimpiadi (ben dodici!), pubblicando le sue immagini sui più noti quotidiani e magazine. Realizza, inoltre, campagne pubblicitarie per celebri brand. Tra i suoi riconoscimenti ricordiamo il GrandPrix della pubblicità nel 2008; nel 2012 e 2014 due sue immagini sono state premiate come “Migliore foto dell’anno” nell’ambito delle mostre organizzate dall’USSI (Unione della Stampa Sportiva Italiana). Le sue foto sono state esposte in diverse mostre tra cui Photolux Festival a Lucca e PhotoShow a Roma e Milano. Dal 2013 è Canon Ambassador. (http://alessandrotrovati.com –  http://pentaphoto.it)

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