3 Maggio 2019 di Vanessa Avatar

Con gli scontri tra la gendarmeria francese e i quattrocento studenti all’Università della Sorbona che protestano contro la chiusura di un corso di laurea e l’introduzione di una riforma scolastica definita classista, si dà inizio ufficialmente a quel periodo di contestazione più forte del Sessantotto ricordato con il nome di “maggio francese”. In pochi giorni, quello che pareva un isolato focolaio di protesta studentesca, sottovalutato dallo stesso presidente Charles de Gaulle, divampò nelle strade e nelle piazze. Sempre a Parigi, il 10 maggio, un corteo di ventimila contestatori si muove verso il ministero della giustizia per chiedere la riapertura della storica università e la liberazione degli studenti arrestati. La rivolta spontanea durerà un mese e si espanderà in tutta la Francia coinvolgendo operari e lavoratori. Gli scioperi generali a oltranza, le occupazioni delle fabbriche e le proteste di massa costringeranno il presidente francese a indire nuove elezioni. Il bersaglio generale del movimento era di natura sociale, politica, culturale e mirava a scardinare il potere e le sue strutture gerarchiche. “Trasgressione” era la parola d’ordine – sintetizzato nello slogan “Proibito proibire” –, contro la società tradizionale, l’autoritarismo, il capitalismo, l’imperialismo nel tentativo di dare avvio a un processo di liberazione e di conquista.

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