22 Marzo 2019 di Andrea Rota Nodari Andrea Rota Nodari

Ammettiamolo: i film “di una volta” emanano ancora oggi un grande fascino. Ci sono classici meravigliosi che non ci stancheremo mai di rivedere, con trame avvincenti che ci tengono legati alla poltrona fino all’apparizione dell’immancabile “Fine”. In parte, l’appeal che queste pellicole esercitano sullo spettatore moderno (nonostante i suoi occhi siano abituati ad assistere a vere “esplosioni” di colore ogniqualvolta fissino uno schermo) lo si deve all’uso magistrale del bianco e nero – tanto che capita di pensare ai primi decenni del secolo scorso come a un mondo anch’esso in bianco e nero, al di fuori della finzione. Forse più che in fotografia, l’utilizzo del bianco e nero nel cinema dal Dopoguerra in poi è andato assottigliandosi, accompagnando pochissimi blockbuster (vengono subito in mente capolavori come Manhattan, Toro scatenato, Schindler’s List, The Artist – quest’ultimo tra l’altro sfacciato omaggio proprio ai film dell’epoca d’oro di Hollywood) e più di frequente titoli definibili “di nicchia” che spesso per la loro eccezionale qualità artistica riescono a uscire dal circuito delle sale d’essai per conquistare le grandi platee. È il caso ad esempio di due candidati al premio Oscar 2019 come miglior film straniero: Cold War del polacco Paweł Pawlikowski (già Premio Oscar 2015 con Ida, anch’esso in B/N) e Roma del messicano Alfonso Cuaron (vincitore 2019). Vi consigliamo di recuperarli (Roma è su Netflix) e gustarveli fotogramma dopo fotogramma, quasi fossero singoli scatti di un grande album fotografico: esempi attualissimi di un utilizzo del bianco e nero davvero senza tempo.

Immagine in evidenza via MondoFox

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