L’Intelligenza Artificiale ha avviato una rivoluzione che inevitabilmente porterà cambiamenti: come affrontarli?

11 Settembre 2023 di Andrea Rota Nodari Andrea Rota Nodari

È in corso una rivoluzione e inevitabilmente i cambiamenti che comporterà provocano turbamenti. Come fotografi, non dobbiamo temere l’intelligenza artificiale, che anzi può farci diventare ancora più creativi – a cominciare dai nuovi strumenti intelligenti di Photoshop…

Chi ha paura dell’Intelligenza Artificiale?

Tutti ne parlano, e non potrebbe essere altrimenti visto che è qui per rimanere e, con tutta probabilità, per cambiare le nostre vite. L’intelligenza artificiale è considerata rivoluzionaria almeno quanto lo è stato internet nel recente passato. Stupisce che già oggi sia in grado di sorprenderci con ciò di cui è capace: mostrare abilità umane quali ragionamento, apprendimento, pianificazione e… creatività (o qualcosa che gli assomiglia).

L’intelligenza artificiale può rendere più facili le nostre vite. Restando nel quotidiano, ci fa da assistente personale e ci aiuta a scrivere, a fare i compiti e a programmare. Traduce in ogni lingua quel che abbiamo da dire, ci suggerisce gli acquisti migliori e le canzoni che sicuramente ci piaceranno – addirittura sta imparando a guidare le nostre auto. È come se dall’altra parte dello schermo ci fosse una persona in carne, disponibile 24 ore per 7 giorni, che sa tutto e sa fare tutto, o quasi!

È ovvio che questa incredibile tecnologia affascini, ma allo stesso tempo sia parecchio controversa. Dubbi e sospetti sull’impatto che avrà sul nostro futuro sono giustificabili, come quelli che hanno i professionisti dell’immagine – compresi i fotografi – che in tanti si chiedono: “L’intelligenza artificiale ci porterà via il lavoro?”.

Una chiacchierata con ChatGPT

Per chiarirci le idee e alimentare il dibattito, cominciamo “parlando” proprio con uno dei più famosi protagonisti di questo nuovo mondo. Il “chatbox” di OpenAI, ChatGPT!

Ciao ChatGPT, parlaci un po’ di te. Chi sei, che cosa fai? «Ciao! Sono un modello di intelligenza artificiale. Sono stato addestrato su una vasta quantità di testo proveniente da diverse fonti, come libri, articoli, siti web e molto altro. Il mio obiettivo principale è quello di fornire informazioni, rispondere alle domande e assistere gli utenti nel modo più accurato e utile possibile».

Bene, le tue conoscenze potranno esserci molto utili per questo articolo! «Vi chiedo di stare attenti: nel fornire risposte, cerco di essere il più preciso possibile, ma non posso garantire l’assoluta esattezza delle informazioni. Pertanto, è sempre consigliabile che le verifichiate da fonti affidabili». Ne terremo conto. D’altra parte lo facciamo sempre anche con le risorse umane!

Che sai dirci dei tuoi cugini, quelli stretti come Midjourney e DALL-E (entrambi sviluppati dalla stessa OpenAI che sviluppa ChatGPT), Stable Diffusion (un progetto open source) o Adobe Firefly? Invece di lavorare esclusivamente con le parole preferiscono usare le potenzialità dell’AI “generativa” per creare immagini a partire comunque da input testuali, secondo un sistema chiamato text-to-image. «Hanno suscitato grande interesse, perché sono diventati sempre più avanzati e capaci di creare risultati realistici. Le immagini AI-generated possono essere affascinanti e sorprendenti, e hanno dimostrato un notevole progresso nel replicare l’aspetto visivo di oggetti, volti, paesaggi e altro ancora. Tuttavia, è importante notare che non sono sempre perfette e possono presentare alcune imperfezioni o caratteristiche innaturali».

Effettivamente, finora siamo riusciti quasi sempre a individuare le foto create con l’intelligenza artificiale, a volte per via di errori macroscopici (come le famigerate mani a 8-10 dita di alcune elaborazioni), più spesso intercettandone alcuni quasi impercettibili. Nelle scorse settimane (sì, settimane, perché l’evoluzione in questo campo è velocissima) abbiamo però assistito a miglioramenti incredibili, in particolare da parte di Midjourney.

Intelligenza Artificiale: un acceso dibattito

ChatGPT, sei d’accordo con noi che queste nuove tecnologie sollevino anche alcune questioni etiche e sociali importanti? Per cominciare, le immagini generate possono essere utilizzate per scopi di manipolazione o falsificazione, creando il serio rischio di diffondere fake news – come se non bastassero quelle che già abbiamo. Potrebbero evidenziare problemi di privacy se vengono utilizzate per creare volti o identità fittizie, ad esempio per inserire persone vere in contesti falsi – famose le “foto” del papa con il piumino da trapper che molti hanno creduto reali! «Avete ragione, ma d’altra parte le immagini AI hanno anche molte applicazioni positive. Possono essere utilizzate per riassumere una serie di dati o per la generazione di contenuti creativi, come arte o design. Possono anche aiutare nel campo della grafica e dell’animazione, fornendo strumenti per la creazione rapida di contenuti visivi».

Ci stai dicendo, quindi, che in generale sono un esempio interessante delle capacità “creative” delle macchine ma che, tuttavia, è importante considerare i loro utilizzi, i benefici e le possibili implicazioni etiche o sociali associate a queste tecnologie.

Pensi davvero che l’intelligenza artificiale sia creativa? Te lo chiediamo perché se ne parla molto in questi giorni e il dibattito è piuttosto acceso… «Sebbene l’AI produca risultati che possono sembrare creativi, è importante capire che quella attuale manca della consapevolezza e dell’esperienza soggettiva che caratterizzano la creatività umana – un processo complesso che coinvolge l’immaginazione, l’emozione, l’interpretazione, la riflessione e l’interazione con il mondo. L’intelligenza artificiale può essere programmata per generare contenuti che sono “originali” solo in base a modelli appresi dai dati dell’addestramento».

Quindi, da diretto interessato, ammetti che l’AI manchi dell’intuizione e dell’ispirazione che sono alla base della vera creatività! Eppure, da esseri umani prima che da appassionati di fotografia, confessiamo di essere un po’ spaventati da come stanno procedendo velocemente le cose. I “programmi” di AI, sebbene le ricerche siano cominciate a metà dello scorso secolo (Warren McCulloch e Walter Pitts crearono il primo sistema di “neuroni artificiali” già nel 1943), sono disponibili al pubblico nella forma in cui oggi li conosciamo davvero da poco. Tu stesso, come chatbot, sei stato lanciato solo nel novembre del 2022 e uno dei tuoi sempre più numerosi “rivali”, Bard di Google, è ancora più giovane.

Eppure la vostra “intelligenza” sta crescendo a un ritmo pazzesco, tanto che si parla di una rivoluzione in atto, qualcosa in grado di cambiare il mondo, come indubbiamente ha fatto – per fare un esempio – internet, nel bene e nel male. «Penso che l’AI possa fornire strumenti e assistenza ai creativi umani, contribuendo a stimolare idee o ad accelerare il processo creativo. In definitiva, l’AI può essere considerata come una fonte di ispirazione e supporto per la creatività umana».

Luci e ombre

Lasciamo ChatGPT alle sue elucubrazioni. Vogliamo credere che quest’ultima frase porti davvero a qualcosa di buono. Tuttavia, molti nomi importanti della cultura mondiale hanno cominciato a lanciare segnali d’allarme. Famoso il caso di Geoffrey Hinton, considerato il padrino dell’intelligenza artificiale perché ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo delle cosiddette “reti neurali artificiali”. Il ricercatore ha lasciato Google per ribadire più liberamente quanto siano profondi i rischi per la società a causa del “diluvio di informazioni false” che possono essere generate da questi sistemi (campagne di disinformazione e interferenze nelle elezioni, in primis), ma anche della mostruosa capacità di programmi ancora relativamente giovani e semplici – se confrontati con il nostro cervello – di eseguire già oggi “ragionamenti” logici molto complessi.

La giornalista e attivista canadese Naomi Klein recentemente si è spinta oltre in un articolo per The Guardian affermando che, senza regole adeguate, al posto di risolvere i problemi dell’umanità l’AI finirà per produrre sfruttamento e povertà. Troppo presto per dire se avrà o no ragione, ma tra le argomentazioni portate da Klein, ce n’è una su cui anche i fotografi hanno dibattuto e continuano a discutere molto. Scrive la giornalista: “Quello a cui stiamo assistendo è che le aziende più ricche della storia si stanno appropriando unilateralmente di tutta la conoscenza umana che esiste in forma digitale, murandola all’interno di prodotti proprietari, molti dei quali impatteranno direttamente sulle persone che, con il lavoro di una vita, hanno formato queste macchine senza darne il consenso”.

Il tema è spinoso, poiché solleva questioni riguardanti il diritto d’autore che in questi ultimi mesi sono venute a galla senza però che qualcuno (in primis le aziende interessate) abbia ancora trovato una soluzione al problema – con qualche eccezione, di cui parleremo.

Lo scraping

Sotto accusa, in particolare, è la pratica dello scraping, ovvero la “raccolta” delle opere di migliaia di artisti su internet (scrittori, fotografi, illustratori, pittori, ecc.) senza dichiararne la provenienza e plausibilmente violandone il copyright, utilizzate poi per addestrare la maggior parte dei sistemi di intelligenza artificiale. Nel frattempo, soprattutto negli Stati Uniti, sono sorti i primi procedimenti legali, portati avanti in tribunale da gruppi di artisti. Secondo i querelanti lo scraping equivarrebbe a un uso improprio delle opere stesse, non prevedendo l’operazione alcun riconoscimento per gli autori né tanto meno alcuna remunerazione.

La faccenda si allarga alla privacy, laddove (è stato dimostrato) i programmi di AI, mischiando gli elementi su cui hanno imparato a lavorare, non raramente finiscono per riprodurre testi o immagini che dovrebbero apparire inediti ma che in realtà contengono dettagli “rubati” dagli originali – come figure umane dai volti (riconoscibili).

In Europa, per fortuna, sembra che ci sia una forte volontà di regolamentare l’AI, ma con l’idea (giusta) di salvaguardare allo stesso tempo lo sviluppo di queste tecnologie – osservandone i valori positivi e non solo le questioni oscure. Compete ai colossi dietro i modelli AI di stare al passo con le nuove norme, ma secondo alcune recenti ricerche, purtroppo, molte sono ancora lontane dal poterle (o volerle) rispettare appieno.

L’intelligenza etica

Tornando al mondo della fotografia, possiamo registrare che alcuni protagonisti del settore dell’imaging sono più attenti di altri al problema dello scraping e dei suoi risvolti legali ed etici.

Adobe, per esempio: la software house di Photoshop e Lightroom ha lanciato di recente Firefly, una nuova famiglia di “modelli di AI generativa” che per il proprio addestramento non pesca indiscriminatamente da internet, ma dalla libreria di immagini proprietaria Adobe Stock (in conformità con il contratto di licenza degli autori stock), su contenuti con licenza aperta o di dominio pubblico, in cui il copyright è scaduto, “con l’obiettivo di generare immagini sicure per fini commerciali”, ha dichiarato l’azienda.

Per il momento la soluzione è ancora in versione “beta”, ma Adobe sta sviluppando un modello di compenso per gli autori stock di cui condividerà i dettagli quando Firefly sarà definitivo. Se useremo il sistema prima di allora, quindi, ricordiamoci che qualsiasi risorsa generata con la sua AI non potrà essere utilizzata per uso commerciale. D’altra parte, la fiducia di Adobe nei confronti del suo modello è tale che è disposta a offrire un risarcimento legale ai clienti corporate che dovessero subire una causa per violazione del copyright per immagini prodotte con Firefly.

Un approccio simile è stato adottato negli scorsi giorni da Shutterstock, che ha preso accordi direttamente con OpenAI. Quest’ultima potrà accedere “legalmente” al vasto catalogo della piattaforma di immagini stock escludendo così problemi legali, e in cambio Shutterstock potrà continuare a usare DALL-E per consentire ai suoi utenti di modificare le immagini in archivio con l’AI generativa. Gli autori delle immagini usate per l’addestramento riceveranno una retribuzione basata sulla condivisione del fatturato, distribuito ogni 6 mesi. Se siamo tra i fotografi che condividono scatti su questa piattaforma, possiamo considerare questa una nuova opportunità di guadagno.

Intelligenza artificiale: una carriera in pericolo?

Ok, ok, è vero. Sui forum di fotografia si parla anche di altro, ovvero del rischio che l’AI tolga lavoro ai fotografi. I semplici appassionati, naturalmente, non hanno niente da temere, visto che scattare per loro è un hobby, ed è proprio l’amore per il gesto di fotografare che alimenta la loro passione. Ma cosa succederà a chi di immagini campa?

Una risposta certa a oggi non si può dare. Però, se è vero che in altri settori l’intelligenza artificiale (è già successo) può effettivamente sostituire le persone, ci sentiamo di dire che, salvo eccezioni, nel mondo della creatività il “fattore umano” è e resterà ancora importante.

Prendiamo ad esempio la fotografia di ritratto. È il frutto dell’interazione con il soggetto in carne e ossa. È ricerca, preparazione, è la capacità di creare una relazione con il modello o la modella del momento, seppure per la durata di qualche scatto. Invece, l’immagine di un volto creato dalla AI resta, appunto, un’immagine, fine a se stessa, di qualcosa che non esiste.

intelligenza artificiale

Osserviamo bene il viso qui sopra. È indubbiamente una bella “foto”, sebbene uno sguardo ben allenato riesca a cogliere piuttosto facilmente gli indizi della sua artificiosità. Per il ruolo che l’immagine deve ricoprire in questo articolo, è perfetta, tanto più che l’abbiamo scaricata da Adobe Stock e quindi ha tutti i crismi della legalità. Ma in altri contesti?

Forse il segreto per un fotografo che teme le nuove tecnologie è proprio questo. Cercare il contesto giusto, trovando l’unicità che solo la creatività umana può dargli. Deve produrre immagini originali, che non abbiano paura della concorrenza dell’intelligenza artificiale – sebbene, ammettiamolo, sia sempre più dura. E poi è realtà che un matrimonio, un nuovo nato, un evento sportivo, un fatto di news, un prezioso gioiello artigianale non si possano “fotografare” con l’AI!

Uno strumento al nostro servizio

Qualcuno potrà obiettare che in altri ambiti il mestiere di fotografo è effettivamente in pericolo. Abbiamo sentito di agenzie pubblicitarie che hanno deciso di tagliare il budget destinato alla fotografia per produrre con l’AI, in maniera certo ben più economica, le immagini per le proprie campagne, per le promozioni sui social e così via. Altri esempi non mancano, anche se ci sembra che così facendo il lato artistico del lavoro decada. Inoltre, almeno finora, i risultati ottenibili lasciando pieno potere all’intelligenza artificiale sono raramente del tutto controllabili da parte dell’utente umano. Per via delle infinite combinazioni possibili, tutto è un po’ affidato al caso, spesso è non ripetibile, e non è detto quindi che si arrivi a quanto effettivamente desiderato.

Purtroppo, in questi casi, c’è poco da fare. Ogni rivoluzione tecnologica, da sempre, causa delle vittime. Bisogna dunque avere la forza di reinventarsi e, talvolta, di… allearsi col nemico! Possiamo quindi imbrigliare la stessa intelligenza artificiale per rendere il nostro lavoro di fotografi più veloce, più divertente e più creativo – proprio come ci aveva detto ChatGPT! Avremo una freccia in più al nostro arco, uno strumento utilissimo per piccoli o grandi interventi sulle immagini. E non dimentichiamoci che già al momento dello scatto, se abbiamo una fotocamera di ultima generazione, l’AI ci viene in aiuto. I formidabili sistemi di riconoscimento di volti, occhi, veicoli, animali sono infatti basati proprio su tecnologie di intelligenza artificiale, di cui nessuno pare lamentarsi!

immagini AI generated
Le immagini generate dall’AI possono essere d’ispirazione a progetti creativi “umani”. Gli ambiti di applicazione sono tanti, dall’architettura alla stessa fotografia

Il consiglio, a prescindere da ogni altra considerazione, è di non snobbare questo nuovo mondo, perché – volenti o nolenti – farà parte del nostro futuro di fotografi e di esseri umani. Sperimentiamo tutte le opportunità che l’AI ci può regalare e rimaniamo aggiornati su tutte le ultime novità – che siano le nuove versioni di Midjourney o i tool di Photoshop basati su Firefly che descriviamo in queste pagine.

L’intelligenza di Photoshop

Photoshop già possiede strumenti basati sull’intelligenza artificiale. Gli ottimi tool della sezione Neural Filter, ad esempio, ci permettono di sistemare automaticamente i difetti della pelle, di restringere la profondità di campo e sfocare gli sfondi, di colorare le immagini in bianco e nero e di ripristinare le vecchie foto.

Ora Adobe ha introdotto il motore generativo AI del suo Firefly direttamente nel programma, moltiplicando così le possibilità creative di Photoshop e, di conseguenza, anche le nostre.

Con Firefly possiamo mettere e togliere elementi dalle immagini in maniera del tutto trasparente, allargare la scena, cambiare gli sfondi con un clic, trasformare del tutto la foto inventando nuovi mondi semplicemente “descrivendo” al computer cosa desideriamo accada. Qualche selezione, poche parole nella casella del prompt – anche in italiano – e il gioco è fatto.

Mentre scriviamo, per poter usare la funzione di Riempimento generativo basata sull’AI di Firefly è necessario ancora scaricare la versione beta di Photoshop, indipendente da quella “ufficiale”, che a breve – auspicabilmente – riceverà anch’essa l’aggiornamento. Nell’app Creative Cloud Desktop, selezioniamo App Beta nella barra laterale sinistra del pannello APP quindi premiamo Installa nella sezione di destra.

Scopri come funziona il nuovo tool Riempimento generativo di Photoshop su NPhotography 119

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