Daniele Tamagni era il più grande e adorabile rompiscatole che io abbia mai conosciuto. Un testone che non mollava mai, un curioso interessato a tutto e irriducibile ottimista, nonostante i suoi gravi guai di salute non gli dessero pace. A Milano soffriva anche un po’ l’isolamento dato dalla freddezza dei suoi abitanti, stava bene nel caos allegro di Paesi lontani e proprio lì venne accolto con calore. Entrava così profondamente in comunicazione con le persone da sembrare uno di loro ovunque si trovasse.
Vedere le sue fotografie appese a Palazzo Morando, via Sant’Andrea 6 a Milano, in una mostra voluta fortemente dal padre Giordano e dalla famiglia a sei anni dalla prematura scomparsa, è stato come se il suo inno di speranza per la dignità dell’Africa prendesse una forma tangibile e colorata.
Daniele Tamagni: la retrospettiva a Palazzo Morando
La prima grande retrospettiva a lui dedicata (aperta fino al 1° aprile 2024 con ingresso libero) raccoglie una selezione di novanta scatti, tra i quali degli inediti, in un bell’allestimento che racconta la sua breve carriera e i temi a lui più cari, a cura di Chiara Bardelli Nonino e Aïda Muluneh.
Non la considererei un punto di arrivo. Piuttosto un trampolino dal quale decolleranno molti altri progetti in sua memoria che fanno capo alla Daniele Tamagni Foundation, costituita per preservare, valorizzare e promuovere la sua memoria ed eredità artistica e per sostenere, attraverso un importante Grant internazionale, artisti che esplorano l’identità africana e si impegnano per raccontare quel continente e la sua diaspora.
Dai sapeurs alle cholitas
Il percorso espositivo include i ritratti ai sapeurs congolesi della SAPE (Società degli Animatori e delle Persone Eleganti), anche conosciuti come i “dandy” di Bacongo, quartiere di Brazzaville nella Repubblica del Congo. Questi scatti raccontano lo stile e i colori degli abiti indossati, i dettagli degli accessori – occhiali da sole, pipe, scarpe, orologi, cappelli – ma anche il gusto e la gioia di vivere di questi personaggi che fin dall’inizio del secolo scorso reinterpretavano lo stile dei colonizzatori francesi, esibendosi all’interno delle loro comunità in performance in cui ostentazione, lusso e raffinatezza diventavano strumenti di resistenza culturale.
Lo stilista inglese Paul Smith, per disegnare la sua collezione primavera-estate del 2010, si ispirò proprio alle fotografie del libro di Tamagni Gentlemen of Bacongo (pubblicato nel 2009 da Trolley Books), oggi un best seller della fotografia, e che contribuì al riconoscimento dell’International Center of Photography di New York.
Sono in mostra anche i metallari del Botswana, progetto del 2012, nel momento in cui il movimento afro-metal era al suo culmine, e dall’Africa alla Bolivia con le sue cholitas, lottatrici in costumi tradizionali che gli valsero il World Press Photo nel 2011. E ancora, la fotografia di strada con protagoniste le giovani crew urbane di Johannesburg originate in un contesto politico fortemente repressivo, laddove la moda, ancora una volta, offre una forma di riposizionamento identitario, di appartenenza in una società re-immaginata e libera.
L’attenzione per la moda e l’identità dei popoli
Daniele era senza pregiudizi, capace di documentare questo mosaico di storie, stili e persone in cui la moda è strumento per esprimere e rappresentare una libertà duramente conquistata. Lo fece anche durante la settimana della moda di Dakar, dove catturò l’intimità e la spontaneità nei backstage delle sfilate e nei laboratori in Senegal.
Attratto dal fashion system e dai popoli, non era uno street photographer, né un fotogiornalista né un puro documentarista e, infine, non era un ritrattista di moda, ma tutte queste anime in lui coesistevano in armonia, per un risultato decisamente fuori al comune. Per raccontare i suoi bizzarri personaggi in Africa e America Latina, ha attinto dalla sua formazione artistica accademica e dalla sensibilità innata per le subculture, fermando il suo sguardo su abiti, movenze, accessori per interpretarne le identità e le evoluzioni sociali. Aveva un modo di leggere la società che andava oltre l’interesse puramente artistico, sembrava più alla ricerca di relazioni umane, di un’appartenenza, come un invadente, adorabile rompiscatole che aspira a essere cittadino di questo mondo.
Completa l’esposizione una sezione in cui sono esposti i lavori dei primi tre vincitori del Daniele Tamagni Grant.
L’autore
Le opere di Daniele Tamagni sono pubblicate in numerosi libri, riviste e giornali accademici italiani e stranieri. Sono presenti nelle collezioni di musei europei e americani, tra cui il LACMA di Los Angeles, il MOCP di Chicago, lo Houston Fine Art Museum, il Brighton Royal Pavilion, lo Schwules Museum di Amburgo. Oltre al World Press Photo vinto nel 2011, ha ricevuto il Canon Young Photographer Award, seguito dall’ICP Infinity Award nel 2010.
Il catalogo è pubblicato da Kehrer Verlag (testi in inglese e italiano, 150 immagini, 24×32 cm, 256 pagine), design di Tomo Tomo studio, arricchito da un’ampia selezione di contributi scritti: oltre alle curatrici, l’Assessore alla Cultura di Milano, Tommaso Sacchi, Gianfranco Maraniello, Direttore dell’Area Musei d’Arte Moderna e Contemporanea, Alain Mabanckou, Angelo Ferracuti, Gerardo Mosquera, Emmanuelle Courreges, Lekgetho Makola. E ancora le testimonianze di Alessia Glaviano, Duro Olowu, Michele Smargiassi, Deborah Willis e molti altri ricordi.
Info
Daniele Tamagni. Life is style
Palazzo Morando | Costume moda immagine
Via Sant’Andrea, 6, Milano
Fino al 1° aprile 2024
Orari: da martedì a domenica ore 11-19. Aperta lunedì 1° aprile
Ingresso gratuito senza prenotazione. Telefono: 02 88465735
Facebook: Daniele Tamagni Foundation
Instagram: @danieletamagnifoundation