26 Novembre 2018 di Vanessa Avatar

L’Italia dei fotografi: un editoriale di Denis Curti

Con grande gioia desidero condividere con voi un risultato per la fotografia nel difficile cammino di crescita (in termini di attenzione, conoscenza e valore). Il mio lavoro, anche in qualità di direttore di questa storica testata, s’inserisce in quella costante e preziosa opera di sostegno dedicata a questo linguaggio universale e al lavoro di professionisti e non che giorno per giorno contribuiscono alla scoperta delle realtà del mondo grazie a un impegno e a una passione mai domi. Sono stati mesi di intenso lavoro (di ricerca iconografica e di relazioni) per riuscire nell’intento: testimoniare il volto del nostro Paese, l’Italia, attraverso 24 storie d’autore.

L’Italia dei fotografi: il racconto di un secolo di esperienze e di visioni che caratterizzano il volto e la storia di una nazione

Con il titolo L’Italia dei fotografi si apre il racconto di un secolo di esperienze e di visioni che caratterizzano il volto e la storia di una nazione. Non è stato facile scegliere la direzione del progetto e stabilire in che modo quest’ultimo dovesse essere articolato, tenendo conto dell’imprescindibile rapporto osmotico che si instaura tra micro e macro storia, tra gli autori e i relativi contesti sociali e culturali. Non desidero qui soffermarmi sui nomi dei fotografi scelti – dal prossimo numero avremo modo di scoprirli –, ma vorrei rubarvi qualche minuto per raccontarvi alcune considerazioni maturate in questo cammino preparatorio e di produzione, invitandovi alla vernice del primo appuntamento espositivo il 21 dicembre (Museo del ’900 – Mestre). Un iniziale pensiero è nel dover riconoscere a una squadra di fotografi italiani il coraggio dell’approfondimento, unito al desiderio continuo di porre domande e rinunciare alla ricerca di risposte assolute. Solo letture critiche e consapevoli di un presente che vuole smettere di restare seduto su vecchi paradigmi. Viste tutte insieme, queste fotografie disegnano una trasversalità che contribuisce a comprendere il futuro. Nessuna predizione. All’interno di questa trasversalità non ci sono solo informazioni, c’è soprattutto l’invito a guardare il mondo da prospettive diverse. È spesso presente una ribalta che, fra ombre e luci, ci suggerisce che cosa ha generato il cambiamento, perché la fotografia è sicuramente un linguaggio ambiguo, ma è anche un concentratore di relazioni e un distributore di dubbi. In questo senso, gli autori presenti in questa rassegna, forse, non sono mai stati moderni. Casomai sempre avanti, anticipatori di un tempo a venire, narratori pertinenti, costruttori di perimetri emotivi, in grado di intendere la memoria come un pregiudizio. Alla fine, il filo rosso di tutte queste storie è racchiuso nella precisa volontà di rinunciare a dire di più di ciò che la realtà stessa conserva.

È la consapevolezza di chi sa bene che se una cosa non è fotografata, questa non esiste. Perché il mondo, visto da vicino, appare sempre nuovo e diverso.

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