A ottobre ha inaugurato la mostra nella nuova galleria con la quale collabora, la 29 Arts in Progress Gallery, e, sempre lo stesso mese, è uscito Humanscape, il libro dedicato all’intero suo percorso artistico

16 Novembre 2018 di Vanessa Avatar

Giuseppe Mastromatteo

A ottobre ha inaugurato la mostra nella nuova galleria con la quale collabora, la 29 Arts in Progress Gallery, e, sempre lo stesso mese, è uscito Humanscape, il libro dedicato all’intero suo percorso artistico. L’occasione del nostro incontro è stata Photo London (17-20 maggio), la fiera internazionale di fotografia seconda in Europa solo a Paris Photo – questa era la quarta edizione e c’è chi scommette in un primato a breve, viste le intenzioni dei curatori e la qualità degli espositori –. In mostra a Milano, oltre alle celebri serie Indipendense I, II e III, Homogenic e Unknown Identity si potrà scoprire la sua produzione completa dell’ultimo progetto dal titolo Eyedentikit: trentadue ritratti disposti su due file che coinvolgeranno le quattro pareti centrali della galleria di via San Vittore. Entrando attraverso il bel cortiletto interno, appena varcato il portone del civico 13, l’occhio del visitatore sarà catturato da una sequenza di grande valore artistico ed espressivo: ogni volto, che sia di un giovane o di un adulto, che provenga dal Sud o dal Nord del mondo, mostra gli stessi identici occhi, ovvero, quelli dell’artista. Dei primi piani di grande effetto, di dimensione 50×60 cm, propongono un’interessante doppia lettura di carattere socioantropologica. Da un lato si sottolinea la volontà dell’artista di infrangere il distacco e di provocare il contatto e una sintonia empatica, dall’altro, non manca la considerazione del mondo nel quale viviamo: un insieme di individui sempre più uguali, interscambiabili, capaci di una sola identità, perché cresciuti attraverso esperienze e percorsi prefabbricati favoriti da vecchi e nuovi media.

Intervista a Giuseppe Mastromatteo

«Perché hai deciso ora di realizzare un libro?
«Humanscape nasce da un’esigenza molteplice; parte da una necessità personale di sintetizzare e di mettere insieme vari percorsi intrapresi in questi quindici anni, ma anche di poter comunicare attraverso un libro a un vasto pubblico tutto quello che è stato il mio lavoro fino a oggi. L’accessibilità all’arte è ormai di dominio digitale, ma il libro è memoria e fisicità; proprio come un’immagine che, per esistere, deve poter essere raccontata e vista soprattutto in maniera fisica. Infine, significa mettere ordine; porre in fila il mio percorso mi aiuta a ripartire per nuovi progetti e nuovi pensieri».

Un libro può essere inteso come uno strumento chiave per aprire nuove opportunità/contatti?
«Certo. Un volume circola e apre nuove conoscenze e nuove opportunità. È memoria e fisicità. Un libro esiste, un’immagine circola in rete, un sito sintetizza tutto per essere veloce e facile. Il libro, per me, ferma e fissa, ma soprattutto parla e racconta. Humanscape è nato proprio così, per poter sentire fisicamente tutto il mio lavoro e veder raccontato da tanti contributor il pensiero che è alla base dei miei progetti».

Un libro segna un momento importante della vita artistica. È un “rito di passaggio” anche per te?
«Penso che un libro sia come farsi un autoritratto. È un momento di consapevolezza; prima o poi devi avere anche il coraggio di pubblicarlo, di vincere il rischio, proprio come una personale in galleria. Progettare un libro e comporlo è come esporre se stessi, senza i riflettori della galleria d’arte. Un libro è riflessione e approfondimento e diventa memoria, qualcosa su cui far riferimento. Amo i libri d’arte, la mia vita è circondata da libri, centinaia e ovunque, dalla mia scrivania  alle pareti di casa. Ogni parete dovrebbe essere piena di libri. È un’ossessione bellissima ed è l’oggetto al quale ritorno sempre e con grande piacere. Umberto Eco, che aveva una collezione di trentamila volumi, distingueva le persone in due tipologie: quelle che, entrando in casa, dopo aver visto tutti quei volumi, esclamavano: «Professore, ma li ha letti tutti?», e quelli che, guardando quelle bellissime librerie colme di sapere, ne prendevano uno e iniziavano a leggere».

Il titolo del libro a che mondo riporta?
«È la sintesi di una grammatica umana – la mia, come autore –. Humanscape è un paesaggio fatto di molti ritratti, di pelle, di interpretazioni e di attenzione all’essere umano e alle possibilità infinite che un corpo può raccontare. Ogni centimetro di pelle è un universo, un landscape».

Ci sono contributi firmati da persone diverse, da Oliviero Toscani a Rankin. Perché questa scelta?
«Ho invitato a partecipare e a contribuire persone che stimo molto e che nel tempo ho avuto il piacere di conoscere. Ho messo intorno al tavolo amici che potessero raccontare dal loro punto di vista il mio percorso. Hanno aggiunto significato, letture inaspettate e sintesi che altrimenti non avrei mai potuto raccontare così bene».

Al contempo, i primi giorni di ottobre inauguri la personale nella tua nuova galleria.
«È da qualche mese che collaboro con Eugenio Calini e Luca Casulli e l’incontro è stato una bellissima sorpresa. Conoscevo il loro lavoro come galleristi e da lontano ho sempre ammirato la capacità di proporre autori di grande valore come Gian Paolo Barbieri e Greg Gorman per scoprire, qualche tempo dopo chiacchierando con loro, che la stima era reciproca. È una galleria dinamica, seria e ambiziosa con un programma molto interessante sia qui a Milano, ma anche con uno sguardo verso l`Europa e le fiere d’arte contemporanea più prestigiose. Il confronto con una nuova galleria è sempre molto delicato e ci deve essere una grammatica comune. Con loro è stato immediato e molto piacevole porre le basi per una collaborazione che spero continui a lungo».

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