17 Dicembre 2019 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

Viaggiatore, prima ancora che fotografo e giornalista, Iago Corazza dedica la sua indagine all’uomo ed esplora gli angoli più nascosti del pianeta insieme ai suoi corsisti alla ricerca della bellezza e della ricchezza della diversità.

La nostra intervista esclusiva a Iago Corazza

Iago, che cos’è per te la fotografia? La fotografia per me rappresenta un modo per “fissare” la mia passione vera che è studiare l’uomo, indagare come sarebbe stato Iago Corazza se fosse nato in ognuno dei luoghi che visito. Cerco di prepararmi tantissimo sull’aspetto antropologico, che è quello su cui sono specializzato da tanti anni, e quando sono sul posto uso tanto la macchina fotografica quanto il bloc notes. Torno a casa con una quantità enorme di appunti veri e propri ma l’immagine completa in modo unico l’appunto scritto, culturale. Così metto insieme tante tessere di un mosaico che spero mi aiutino a capire sempre di più sull’uomo. Anche se, più cose capisco, più domande nascono.

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Un momento della Donga, la cerimonia rituale dei Suri in Etiopia. © Iago Corazza


Ti ricordi un incontro particolarmente emozionante? Ne abbiamo decine ogni viaggio. L’ultimo è stato in una città sperduta dell’India. Abbiamo incontrato un signore che ci ha proposto dei massaggi, delle cure speciali e ha iniziato a seguirci mentre fotografavamo. A un certo punto, ci ha detto di essere un seguace del conte Cesare Mattei, che nell’Ottocento ha inventato l’elettro-omeopatia. Questo signore, insieme al padre, prosegue le ricerche di Mattei e ha un ambulatorio dove cura gratuitamente malati che arrivano da tutta l’India. Quando gli ho detto che abito a cento metri dal castello del conte Mattei e che sono stato in casa sua a fare le fotografie, si è inginocchiato in terra, ci ha abbracciati e portati a casa sua. Ed è stata un’emozione pura pensare che in un posto sperduto del mondo qualcuno cura gratuitamente i malati grazie alle ricerche di una persona che qui a casa mia tutti conoscono…
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Baldeo, in India. © Iago Corazza


Però ci sono stati anche momenti di difficoltà… Qualche settimana fa eravamo in Etiopia e siamo finiti in mezzo a uno scontro tra Mursi e Hari. Il governo ha deciso di aprire un convertitore di etanolo, sequestrando le terre ai Mursi. Questi hanno ucciso molti camionisti che stavano portando i materiali per costruire la fabbrica e gli Hari si sono vendicati entrando nei villaggi Mursi, uccidendo donne e bambini. Si è scatenato l’inferno. Noi eravamo lì in mezzo, abbiamo dovuto prendere una scorta. Il problema è che quando scegli degli uomini, altri si arrabbiano perché una fonte di denaro non è arrivata a loro. Questi ci hanno intimato di andare via, noi abbiamo risposto che avevamo già la scorta militare e i permessi ma questi hanno sparato, ci hanno forato le automobili. Alla fine siamo passati ma sono cose che non dovrebbero succedere.
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L’uomo è al centro della ricerca di Iago che qui ha catturato un momento molto emozionante. Lo scatto è stato realizzato a Kolkata (Calcutta), in India. © Iago Corazza


Iago, quali sono i tre insegnamenti più importanti che cerchi di trasmettere ai tuoi studenti durante i viaggi? La prima cosa è che è più importante l’uomo della fotografia: per scattare un’immagine non bisogna diventare invasivi, sgradevoli o maleducati, dimostrare l’ignoranza che ti sei portato da casa. E questa è una cosa che chi viaggia con me deve sempre tenere presente, altrimenti non sarà più un mio compagno di viaggio. In secondo luogo, una brutta fotografia non si scatta. Quando arrivi a capire, prima di scattare, che quella foto non sarà bella e il tuo dito non preme il pulsante di scatto, hai veramente fatto il salto di qualità. Vuol dire che sei così tecnico, così bravo, sei arrivato a un punto di cultura fotografica tale che capisci già che la fotografia non sarà bella, non sarà giusta e quindi hai il coraggio di non farla. Infine, una foto orrenda rimane orrenda. Tu puoi post-produrre quello che vuoi ma la fotografia non sarà mai bella quanto un’immagine che era già buona allo scatto. È inutile perderci del tempo.
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Un momento di un rito di iniziazione tra i pastori Surma, in Etiopia. © Iago Corazza

Trovi l’intervista completa di Elisabetta Agrati nel numero 93 di NPhotography o cliccando qui.

 

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