19 Marzo 2020 di Redazione Redazione
Nel lavoro di Martino Lombezzi c’è una sottile lettura della memoria storica e una ricerca personale di conoscenza e divulgazione oggettiva. Fotografo dell’agenzia Contrasto, anche come docente nei suoi progetti si occupa di territorio e identità, in particolare in Italia, Medio Oriente e Balcani. Con un approccio freddo alla creazione dell’immagine e per una lettura chiara e pulita della storia, ogni singolo elemento nei suoi lavori è vestito di dignità e funzione informativa. L’autore nei suoi scatti sfida la presenza del vuoto e della fotogenia, unendo elegantemente in un unico progetto diversi generi fotografici per restituire un racconto visivo apparentemente privo di interpretazione.
Come hai iniziato questa professione? «La fotografia è stata una passione che ha convissuto con gli studi universitari in Storia per diventare poi un lavoro. Durante gli anni accademici ho avuto la fortuna di poter lavorare diverso tempo come assistente per molti fotografi. È stata una formazione di tipo pratico in ambito commerciale ed editoriale molto importante per me, anche se fin dall’inizio ho concepito la fotografia come uno strumento per approfondire in prima persona i temi storici e sociali che mi interessavano. Nel 2006 ho iniziato a lavorare per l’agenzia Contrasto, un’esperienza decisiva che mi ha insegnato tanto, soprattutto in ambito fotogiornalistico».
Oggi porti avanti progetti personali a medio-lungo termine e sei docente di Fotografia documentaria, com’è mutata la tua indagine negli anni? «Ho sviluppato molto la parte di ricerca. La realizzazione di fotografie rappresenta solo uno degli esiti finali, accanto a un lavoro di documentazione e redazione di testi. Il mio linguaggio negli anni è diventato più statico, ragionato e, spero, attento. Quando ho iniziato a fotografare usavo prevalentemente apparecchi di medio e grande formato. Anche se oggi uso molto il digitale, rimango legato a quel tipo di approccio».
Blue Line. Martino Lombezzi

Il Festival ebraico di Lag Bahomer a Meron, Israele. Blue Line © Martino Lombezzi


Nel 2013 sei arrivato finalista all’Aftermath project con Blue Line, un lavoro che indaga questioni di identità e territorio nella zona del Medio Oriente. Come nasce questo progetto? «Blue Line è un’esplorazione del confine tra Libano e Israele, un tentativo di raccontare attraverso le immagini un territorio tagliato in due da un confine chiuso e conflittuale. È un lavoro che indaga le conseguenze della “guerra di luglio” del 2006, ma anche le tracce dei conflitti precedenti e dei lunghi anni di occupazione israeliana del Libano del Sud. Ho lavorato a Blue Line tra il 2009 e il 2014, cercando di mostrare e di mettere in relazione i due lati della frontiera, tra paesaggi, luoghi e persone, e indagando sulla rappresentazione del nemico e di memorie contrapposte in questo scenario mediorientale».
Se dovessi indicare alcuni lavori che hanno segnato maggiormente le tappe della tua ricerca? «Molto importanti sono Una giornata estiva (2010) e Rapido 904 la strage di Natale (2015) che trattano due tristi episodi della storia italiana recente: la strage di Bologna del 2 agosto 1980 e quella del treno Rapido 904 del 23 dicembre 1984. Ho scelto di concentrarmi sui sopravvissuti a queste due stragi, raccontandoli con una modalità simile, utilizzando ritratti posati, still life di oggetti e reperti. Per la prima volta, accanto alla fotografia, ho proposto anche il video. Una giornata estiva è nato in occasione del trentennale della strage, nel 2010. È un progetto che ha girato molto tra festival, scuole, eventi istituzionali e nel 2016 l’ho rieditato e ampliato in collaborazione con la galleria Foto Forum di Bolzano».
Resolution 808 Martino Lombezzi

Tribunale penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (corridoio). Resolution 808 © Martino Lombezzi


Il tuo progetto al quale sei più legato? «L’ultimo, Resolution 808, che prende il nome dalla risoluzione voluta dall’Onu il 22 febbraio 1993 per costituire all’Aja il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) ed è per me la chiusura di un cerchio, perché indago qui un argomento che ho studiato all’università proprio quando il conflitto dei Balcani era in atto, e sul quale scrissi la tesi di laurea. É un progetto realizzato nel 2017 insieme alla giornalista olandese Jorie Horsthuis che, tra le altre cose, mi ha permesso di uscire dalla solitudine tipica del fotografo per confrontarmi continuamente con il punto di vista della mia collega. Avevo già lavorato con giornalisti in passato, ma una collaborazione così stretta e di lungo termine mi ha molto arricchito, oltre a permettermi di sviluppare una maggiore distanza e freddezza rispetto al mio lavoro fotografico».

Dove stai dirigendo oggi il tuo interesse? «Sento maggiormente la necessità di studiare e meno di fotografare. In un mondo in cui siamo sommersi dalle immagini, per me la produzione di una fotografia deve avere valore e senso. Se prima ero molto produttivo, ora volgo maggiore attenzione alla fase preparatoria e di studio. Una riflessione che nel tempo si è sviluppata verso una ricerca di essenzialità che mi porta a desiderare di togliere elementi dalla composizione, di costruire un’immagine a partire dal vuoto, dove realmente ci sia solo quello che serve. Il soggetto, oggetto inanimato o persona, deve essere fotografato per quello che è, quasi come se fosse “senza interpretazione”. Questo ovviamente è un paradosso, perché questo approccio è determinato da molte scelte che rappresentano la mia visione personale»

Martino Lombezzi
Martino Lombezzi
Genova, 1977, si laurea in Storia Contemporanea all’Università di Bologna dove tuttora vive. Collabora con i principali periodici nazionali e con importanti testate estere. Tra i suoi lavori: Una giornata estiva, realizzato in occasione del trentennale della strage di Bologna del 2 agosto 1980, Blue Line, un’esplorazione del confine tra Libano e Israele, Rapido 904 – la strage di Natale, sull’attentato mafioso del 23 dicembre 1984 e Resolution 808 nel 2017. Dal 2006 collabora con l’agenzia Contrasto.
È docente di Fotografia documentaria a Spazio Labo’ Photography a Bologna.
http://www.martinolombezzi.it
 

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