
In Valsavarenche, la volpe (Vulpes vulpes) “Rourounette” è accucciata nella vegetazione autunnale. Scomparsa ormai da qualche anno, questa volpe era molto popolare fra i turisti in visita al Parco, e anche facilmente riconoscibile per la coda leggermente ritorta.
Con queste sue fotografie si supera l’estetica per esprimere anche altro? «L’estetica nella fotografia è solo parte del linguaggio, una sorta di “firma” personale, mai il fine: almeno per quanto mi riguarda. Ogni progetto è studiato e preparato a lungo, la fotografia cerca di raccontare qualcosa. È quello che mi richiede il National: saper realizzare un racconto visivo, creare una narrazione come una sorta di “puzzle” in cui ogni immagine è parte di una storia più grande. L’estetica fine a se stessa, che va di gran moda in questi tempi in cui la fotografia è così tanto banalizzata, non mi ha mai interessato. Voglio raccontare storie di conservazione: quello sì che mi appassiona».
Da un punto di vista tecnico, quali sono le principali difficoltà, e tipicità più in generale, che si incontrano fotografando gli animali? «Che sono per l’appunto animali e non modelli a cui si può chiedere collaborazione per realizzare la foto perfetta. Questo è un aspetto che talvolta si dimentica: il rispetto per il soggetto nella fotografia naturalistica (e, in generale, per qualunque fotografia si pratichi) è fondamentale».
di negativo, che rappresenta una piccola parte della società, mentre dovremmo essere tutti ambientalisti! È vero, ci sono i Climate Strike degli studenti, si parla sempre più di cambiamento climatico su telegiornali e quotidiani, perché adesso è un tema che fa notizia. Oltre a questo, però, non vedo altro: i politici che avrebbero il dovere di fare scelte differenti, non fanno nulla, non capiscono assolutamente la portata del problema, che non riguarda soltanto il cambiamento climatico, ma la sistematica erosione dell’ambiente naturale che si accelera ogni anno e in ogni parte del mondo. Trovo che l’unica cosa che abbia messo radici sia l’incapacità dell’uomo di immaginare un futuro durevole per la nostra società. La direzione in cui stiamo andando è quella di un collasso sistemico della biodiversità, di cui facciamo parte».
Stefano Unterthiner
Fotografo naturalistico. Classe 1970, nato ad Aosta, vanta centinaia di collaborazioni con riviste ed editori in tutto il mondo. Le sue fotografie sono esposte in numerose mostre personali in Italia e all’estero e premiate in otto differenti edizioni del Wildlife Photographer of the Year. Primo italiano, nella storia della fotografia moderna, a pubblicare un servizio fotografico completo sulla prestigiosa rivista americana National Geographic. È il fondatore della casa editrice Ylaios. Nel 2013 ha firmato il calendario Epson, il più importante calendario italiano dedicato alla fotografia d’autore. http://stefanounterthiner.com