Abbiamo intervistato Michele Bavassano, giovane fotografo seguitissimo sul Web,  che ci racconta il suo approccio “artistico” alla fotografia naturalistica

17 Dicembre 2018 di Vanessa Avatar

Intervista Michele Bavassano

Abbiamo intervistato Michele Bavassano, giovane fotografo seguitissimo sul Web,  che ci racconta il suo approccio “artistico” alla fotografia naturalistica

Michele, sei giovanissimo ma hai già alle spalle una produzione di tutto rispetto. Quando hai iniziato a fotografare?
Sono sempre stato appassionato di fotografia, sin da bambino, ma mi sono avvicinato a questo mondo non prestissimo. Ho acquistato la mia prima reflex a 17 anni, 5 anni fa, ma con un’idea già ben precisa! Fotografare la natura.

Da dove è nata questa tua grande passione?
Sono stato abituato a vivere la natura ogni giorno. Mi sono avvicinato a essa in diversi modi prima di tentare un approccio fotografico. L’Umbria e le mie terre hanno un valore diverso per me, come lo hanno le foto scattate in questi luoghi. Un valore affettivo ed emotivo che viene fuori solo in queste zone. La fotografia naturalistica è fatta di emozioni e non esistono emozioni più belle e sincere di quelle vissute “a casa mia”.

Chi sono i tuoi fotografi di riferimento, se ne hai?
Non ritrovo la mia personalità in molti fotografi naturalistici. Spesso in questa disciplina viene esaltato l’aspetto documentaristico. Anche a me piace esaltarlo, ma preferisco puntare sull’atmosfera delle fotografie seguendo un po’ lo stile dei fotografi paesaggisti. Ho comunque dei fotografi che mi piacciono moltissimo, primo su tutti di sicuro Vincent Munier.

Il rispetto di Madre Natura è fondamentale per un fotografo naturalista, anche a costo di perdere lo scatto decisivo. Tu hai collaborato con il WWF, quindi è certamente un tema che ti sta a cuore. Che consigli puoi dare a chi sta muovendo i primi passi in questo genere fotografico?
Bisogna sempre entrare in punta di piedi in natura. Non è semplice iniziare questo genere di fotografia. È necessario avere delle basi e delle conoscenze della biologia degli animali per evitare di disturbarli. Il consiglio che posso dare è iniziare affiancandosi a fotografi più esperti o a biologi. O magari avvicinarsi alla fotografia naturalistica dai capanni. Esistono moltissime Oasi, anche del WWF o della Lipu, dove è possibile osservare e fotografare animali nel pieno rispetto della natura. Rispetto è la parola chiave di questa disciplina! Se si vogliono ottenere risultati, una buona preparazione è importante. Iniziare un percorso da autodidatta può essere “pericoloso”. Si rischia di disturbare la fauna e di non ottenere alcun risultato fotografico. Io ho cominciato così, è vero, ma poi mi sono circondato di persone competenti in materia e ho studiato per conoscere le dinamiche biologiche dei soggetti cui ero interessato. Studiare il motivo dei loro comportamenti dà un altro senso alle nostre lunghe attese. È tutto più emozionante.

Come scegli le location e i soggetti dei tuoi progetti?
Finora ho sempre scelto i soggetti da fotografare in base ai miei gusti. Stessa cosa vale per le location. Prevale in me il senso esplorativo che mi porta a ricercare sempre nuove situazioni in nuovi contesti. La “regola” della fotografia naturalistica è che non esistono certezze. Si lavora per un soggetto ma poi si accoglie tutto il bello cui si ha la fortuna di assistere. Di rado va tutto come si spera, ma sempre si portano a casa nuove esperienze. Cambia l’approccio allo scatto a seconda del soggetto che hai intenzione di fotografare? Ovviamente. Ci sono animali più o meno “semplici” da fotografare. In Italia, la fotografia naturalistica è un genere molto difficile. Gli animali sono molto diffidenti e per quasi tutti i soggetti è necessaria la stessa pianificazione di base. Si lavora molto prima di arrivare allo scatto: dallo studio delle abitudini del soggetto alle zone migliori per fotografarlo. Una volta trovata la location studio la luce e tutti gli elementi fotografici. Una cosa che reputo fondamentale nella pianificazione dello scatto è quella di scegliere punti precisi da dove fotografare il soggetto, evitando di scattare se gli animali non si posizionano in una delle zone prescelte. All’inizio è difficile non fotografare appena si vede un animale, ma un po’ di esperienza ti porta a evitare scatti inutili che potrebbero far insospettire l’animale facendolo allontanare.

Qual è l’uso che fai del Web e delle app per decidere gli orari e controllare il meteo prima di partire?
Beh, controllo il meteo e le temperature ogni giorno per cercare di interpretare le situazioni migliori. Non si esce a scattare solo nelle belle giornate, anzi. Per gli animali le giornate uggiose e fresche sono migliori, specialmente per il ridotto disturbo antropico, visto che quando c’è maltempo la gente se ne sta a casa. Non nascondo inoltre che durante gli appostamenti, quando possibile, inganno un po’ il tempo girando sui vari social!

Il tuo è un mestiere faticoso. Che caratteristiche deve avere un fotografo naturalista? Immaginiamo che debba essere pronto davvero a tutto, a sopportare il freddo come le temperature più estreme.
Le doti principali di un fotografo che si dedica a questo genere sono senza dubbio la pazienza, la costanza e la forza mentale. Sotto il profilo fisico, poi, ci si può adattare. Non si è costretti a scattare al freddo o al caldo, ma spesso è proprio nelle situazioni dove gli altri mollano che si riescono ad avere i risultati migliori. La parte più dura sta proprio nel non arrendersi mai: bisogna provare e riprovare senza perdere la lucidità e la speranza di arrivare all’obiettivo. Se si hanno passione e volontà, si riesce sicuramente a raggiungere i propri obiettivi.

Raccontaci qualche aneddoto di tue missioni “impossibili”!
La situazione che ricordo con più piacere è senza dubbio legata al Lupo Appenninico, l’icona della mia passione per la natura e il soggetto per cui ho cominciato a scattare. Ho avuto molti incontri negli ultimi due anni, sono riuscito a osservare circa 200 lupi ma le occasioni migliori si contano sulle dita di una mano. L’incontro che ricordo con più emozione è quello del 25 aprile dello scorso anno. Avevo provato quell’appostamento in quel punto decine di volte senza mai un buon risultato, ma sapevo che lì avrebbero potuto crearsi delle situazioni interessanti. Mi sono appostato con un amico all’alba, come sempre, aspettando. Siamo rimasti sul posto per ore, senza avvistare nulla. Quando ormai pensavamo di smontare e andarcene, poco prima del buio, ho visto una sagoma inconfondibile uscire dal bosco, a 200 metri. Abbiamo iniziato a scattare evitando raffiche rumorose. Vedevo l’animale sempre più grande nel mirino. 150 metri, 80 metri, 50 metri… poi si è fermato, forse incuriosito dagli scatti. Ha continuato ad avvicinarsi abbastanza rapidamente verso di noi fino a quando nel mirino ho visto solo i suoi occhi. Ho alzato la testa e l’ho visto lì, a circa 6 metri… Vi lascio immaginare l’adrenalina di una situazione surreale che pensavo impossibile in natura. Si è bloccato per un istante e ha cambiato strada allontanandosi da me. Purtroppo le ultime foto erano sbagliate, troppa poca luce per poter riuscire a congelare il suo avvicinamento, ma prima che fosse troppo vicino ne ho fatta una, forse fra i miei scatti più conosciuti.

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