Curiosità e tecnica si mescolano alla ricerca, all’intuizione e alla creatività. Nei suoi scatti non può prescindere dal rapporto umano, dall’incontro con mondi diversi e distanti, con chi abita i territori più selvaggi e le aree urbane delle metropoli.

3 Dicembre 2018 di Vanessa Avatar

Franco Cappellari

Curiosità e tecnica si mescolano alla ricerca, all’intuizione e alla creatività. Nei suoi scatti non può prescindere dal rapporto umano, dall’incontro con mondi diversi e distanti, con chi abita i territori più selvaggi e le aree urbane delle metropoli.
Franco Cappellari è convinto che il viaggio fotografico sia un arricchimento culturale legato non solo alla storia, alla geografia e alla situazione politica dei luoghi visitati, ma a qualcosa di più personale: all’esperienza che diviene conoscenza, al desiderio di incontrare persone con abitudini e sentimenti diversi che, con la fotografia, si possono raccontare.

Intervista a Franco Cappellari

Siamo curiosi di comprendere quando inizia, per lui, il viaggio. Il tempo di premere il tasto “REC” ed è subito un debordare di pensieri:
«Il viaggio inizia nel momento stesso in cui scelgo la destinazione. Ne segue un accurato studio e un’attenta e meticolosa costruzione delle tappe e dell’organizzazione logistica. Questa fase è indispensabile per riportare a casa scatti che sappiano restituire bellezze, emozioni, condizioni di vita e, magari, qualcosa di mai visto prima».

Non sempre, però, un’attenta programmazione mette al riparo dagli imprevisti. A volte, le sorprese possono rivelarsi magnifiche:
«La più bella», racconta, «mi è capitata quando sono stato in Kenya per un servizio fotografico sul Lago Bogoria, un luogo caratteristico per i suoi meravigliosi fenicotteri rosa. Solitamente è facile trovarli, ma una volta giunto non mi sarei mai aspettato di vederli tutti sistemati a mo’ di corona lungo la foce del fiume che va nel lago. È stato qualcosa di unico che poi non ho più rivisto. Mi sono sentito super fortunato e soprattutto molto felice».

Emozioni dall’alto. Da sempre gli aerei rappresentano, oltre a un’opportunità lavorativa, una grande passione di Franco Cappellari:
«Sin da piccolo ero innamorato dell’idea del volo, anche perché è sempre stata sinonimo di avventura e di scoperta. Mi ricordo che il primo viaggio in aereo l’ho fatto a quindici anni, destinazione Londra. Ero con un amico e dopo un mese siamo tornati a casa senza un soldo. Da lì in poi, ho sempre continuato a viaggiare e a fotografare».

Effettuati i primi voli, dunque, Franco capisce che gli piace e questo gli dà ulteriore stimolo per continuare e affinare la sua inclinazione. L’occasione arriva nel 2010 quando viene chiamato in Kenya a produrre una campagna pubblicitaria europea per l’ente nazionale del turismo. Ripensando a quei momenti, racconta:
«Avendo saputo che avevo una certa conoscenza della fotografia aerea, mi è stato chiesto di realizzare le immagini dall’alto. Ho avuto la possibilità di volare per quattro ore su un elicottero sopra i parchi del Kenya».  Questo è stato il suo primo importante lavoro, da allora non ha mai smesso di sporgersi sul vuoto e di guardare dall’alto il mondo.

Il tempo della gavetta.
Come per tutti, la gavetta rappresenta un periodo della vita ricco di incontri e di occasioni, di sfide e di opportunità: «Ne ho fatta molta», confida, «collaborando con alcuni giornali locali e poi, agli inizi degli anni Ottanta, presentando i primi portfoli e avviando una serie di collaborazioni con varie testate giornalistiche. Nel 1999 iniziai il mio rapporto con Nital».

La nostra domanda, a questo punto, si concentra sulle soddisfazioni lavorative iniziali:
«La prima gioia», rammenta Cappellari, «è stata un libro dedicato al mio paese, Venafro, in provincia di Isernia, che mi ha dato grandi soddisfazioni e mi ha fatto conoscere all’interno della regione. Si tratta di un lavoro di circa trent’anni fa eseguito in analogico».

Fedele nikonista, il protagonista della nostra intervista si considera un pioniere del digitale:
«La mia prima fotocamera è stata la D1 uscita nel 1999. All’epoca aveva 2,79 milioni di pixel. Da allora, ho acquistato tutte le professionali Nikon uscite successivamente».

Attrezzatura e opportunità. Dopo essersi occupato per un breve periodo di sport, ora l’attività di Franco è incentrata sui viaggi e sul paesaggio naturalistico e aereo. Gli chiediamo quale sia la sua dotazione per condurre, rispetto alle sue esigenze, il lavoro in piena sicurezza. Risponde:
«Ho sempre con me una D850 e una D500 oltre a una serie di obiettivi. Sono dell’idea che un fotografo debba essere capace di relazionarsi con tutto quello che può incontrare, che si tratti di architettura, persone, animali o paesaggi. Nel viaggio può capitare di tutto e dobbiamo saperlo cogliere al meglio. Può essere che un fotografo si senta più portato verso un genere particolare, ma deve avere comunque la capacità di interpretare quello che gli si propone davanti agli occhi. Nei miei lavori si trovano sempre immagini diverse. Si possono scoprire anche degli scorci di città, di cityscape e di architettura».

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