Abbiamo testato i nuovi Xiaomi 13T e 13T Pro sviluppati in partnership con Leica per il comparto fotografico/video.

29 Settembre 2023 di Andrea Rota Nodari Andrea Rota Nodari

Dopo settimane di rumors, il marchio cinese ha finalmente svelato al mondo una coppia di smartphone che anche noi, fotografi un po’ “tradizionalisti”, eravamo molto curiosi di scoprire: parliamo di Xiaomi 13T e Xiaomi 13T Pro – presentati in pompa magna a Berlino a fine settembre.

I nuovi Xiaomi 13T e 13T Pro

Abbiamo avuto a disposizione in anteprima il modello “base” 13T per qualche giorno. Lo ammettiamo, leggere il marchio Leica sul retro del dispositivo, accanto al gruppo dei tre obiettivi di cui lo smartphone è dotato, ci ha fatto immaginare di avere tra le mani una delle mitiche macchine fotografiche con il bollino rosso utilizzate da molti grandi maestri del Novecento. Troppa fantasia? Sì, forse. Anzi, sicuramente. È stato bello però girare per le strade della capitale tedesca con in tasca il nuovo Xiaomi, sentendoci nei panni di novelli Henri Cartier-Bresson, Elliott Erwitt, Joel Meyerowitz o Fred Herzog (che era pur tedesco, ma di Stoccarda).

Dopo il consueto unboxing (nella scatola, oltre al guscio protettivo, troviamo il robusto caricabatterie capace, grazie alla tecnologia 67W Turbo Charging, di ricaricare al 100% il dispositivo in 42 minuti, o fino a un rassicurante 21% in soli 5 minuti), abbiamo immediatamente cominciato a “smanettare” con il nuovo arrivato: giornate quasi estive sotto il cielo di Berlino, ma anche se avesse piovuto, non avremmo avuto troppi problemi. Il dispositivo, infatti, è resistente a polvere e pioggia, con grado di protezione IP68.

Xiaomi 13T
Il gruppo ottico sporge di circa 3 mm dal corpo del telefono, ma il guscio in gomma in dotazione fornisce protezione adeguata.

La fotocamera si fa in tre

La partnership tra Xiaomi e Leica ha previsto innanzitutto una stretta collaborazione nell’ingegnerizzazione del comparto fotografico/video, basato sulle prestigiose ottiche Summicron. La fotocamera principale, grandangolare, si basa su un sensore da 1/1,28” che offre una risoluzione di 50 MP. Ogni fotosito ha un diametro di 1,22 μm: per avere un termine di confronto (un po’ “tirato” a dirla tutta, viste le ovvie limitazioni dovute a ingombri ben diversi), i sensori delle mirrorless moderne hanno un pixel pitch intorno a 4-6 μm.

Ad accompagnare il tutto, un’ottica con una lunghezza focale equivalente a 24 mm f/1.9, che vanta anche un prezioso elemento ottico asferico 7P e il rivestimento ALD multistrato: soluzioni che permettono di catturare più luce e ridurre al minimo distorsione, effetto fantasma e riflessi, e particolarmente utili, ad esempio, negli scatti in controluce o in luce diretta, così come in presenza dell’illuminazione urbana nei contesti notturni. D’aiuto quando la luce è scarsa (e non solo) è il sistema O.I.S integrato per la stabilizzazione ottica dell’immagine. I creatori di contenuti potranno usare la main camera Leica per riprendere video fino a 4K/30 fps, con supporto allo standard HDR10+. Non dovesse bastare, procuriamoci il Pro, capace di spingersi a 8K/24p.

Nel caso volessimo stringere l’inquadratura per sottolineare qualche dettaglio in più della scena, lo Xiaomi 13T include anche una fotocamera con obiettivo f/1.9 definito telephoto ma che in realtà arriva al tradizionale 50 mm: la focale “tuttofare” per eccellenza, ideale ad esempio per il ritratto.

Anche qui c’è un elemento asferico a migliorare la resa del risultato, presente anche nell’ultima fotocamera f/2.2, da “soli” 12 megapixel con focale ultragrandangolare, corrispondente a 15 mm nella fotografia full-frame – e utile per le foto di ampi panorami urbani, paesaggi e interni. Lo abbiamo usato parecchio a Berlino per far entrare in una singola inquadratura alti palazzi e monumenti (in alternativa ci sarebbe stata la classica funzione Panorama).

lunghezze focali Xiaomi e Leica
L’angolo di campo relativo alle tre lunghezze focali effettive disponibili: 15 mm, 24 mm e 50 mm.

Lungo le strade della capitale tedesca, dopo aver attivato la funzione per l’accensione immediata della fotocamera con la doppia pressione del pulsante del volume, abbiamo riscontrato che passare da una focale all’altra è davvero semplice e veloce. In modalità Foto, basta sfiorare lo schermo per scegliere le opzioni 0.6x (corrispondente al 15 mm), 1x (24 mm) o 2x (50 mm). Per un controllo più puntuale, facciamo scorrere il dito per aprire una grafica on-display a forma di tachimetro che consente di selezionare valori intermedi interpolati (o passare allo zoom digitale fino a 10x).

Meglio sottolineare che non si tratta di uno zoom ottico “vero”, poiché le tre focali disponibili sono a tutti gli effetti “discrete”. Insomma, possiamo immaginare il dispositivo di Xiaomi come una fotocamera a ottiche intercambiabili, con un’intelligente selezione di obiettivi.

Ovviamente non manca la fotocamera frontale: 20 MP, apertura f/2.2 e, anche qui, elemento asferico sono le sue feature principali.

Xiaomi menu Pro
Il menu Pro dà accesso a tutte le funzioni di cui il fotografo evoluto ha bisogno.

Xiaomi 13T: la modalità Pro

Da appassionati di fotografia, non vedevamo l’ora di scoprire i segreti della modalità Pro, dove le precedenti opzioni “zoom” si trasformano rispettivamente in UW/W/T, senza step intermedi o artifici elettronici per ingrandire l’immagine. Mentre inquadriamo il soggetto, possiamo prendere davvero il controllo completo sul risultato: bilanciamento del bianco (Auto, 2000-8000K), autofocus (AF, Macro, MF, infinito), tempi di posa (1/8.000-30 secondi), ISO (Auto, 100-12.800), compensazione EV (-4/+4) sono tutti parametri a portata di dito.

Dal menu a comparsa accediamo ad altre funzioni avanzate che ci permettono di ottenere risultati più creativi. Per la misurazione della luce, ad esempio, abbiamo a disposizione tre voci: Misurazione centrale, Multizona e Misurazione Spot. Già sentite? Certo che sì, perché sono più o meno le classiche opzioni che chi usa le fotocamere tradizionali è abituato a gestire.

La prima, ideale quando il soggetto è centrato, dà priorità appunto all’area centrale dell’inquadratura, pur tenendo conto della luminosità della scena attorno. Multizona allarga il campo d’azione a tutto il frame e dà il meglio nelle scene illuminate in modo omogeneo. Poi c’è Spot, modalità amata dai fotografi di spettacolo e sport perché consente una misurazione più precisa, puntuale, sul soggetto.

esposimetro
L’esposimetro, in manuale, ci mette a disposizione le opzioni Misurazione centrale, Multizona e Misurazione Spot.

Funzioni da fotocamera vera

Interessante, poi, la possibilità di smarcare il punto AF dalla misurazione. Basta trascinare il cerchio dell’esposizione lontano da quello della messa a fuoco per poi regolare le impostazioni di ciascuno separatamente, col semplice scivolamento del dito sul display. Per quanto riguarda la messa a fuoco manuale, è possibile sfruttare il Focus Peaking per evidenziare in rosso, a schermo, le aree nitide. Come le fotocamere e le videocamere professionali è attivabile anche Verifica dell’esposizione, l’effetto “zebra” che mostra sul display – in tempo reale – le aree sottoesposte (in blu) e quelle sovraesposte (in rosso).

Poteva mancare l’istogramma? No, ovviamente. Ed eccolo, all’occorrenza, comparire discretamente durante le riprese in alto a destra dello schermo. Per chi non lo conosce, è un comodissimo (indispensabile, direbbe il fotografo serio) grafico che mostra la gamma tonale dell’immagine – dal nero totale a sinistra fino al bianco puro a destra – con la distribuzione dei toni di grigio tra i due estremi. L’altezza del tracciato mostra quanti pixel sono stati registrati in ogni livello di luminosità, mentre forma e posizione aiutano a capire se il risultato è corretto.

Ancora una volta, i puristi della fotografia o semplicemente chi vuole tirare fuori il massimo dettaglio dai file, in primis via Camera Raw o Lightroom (mentre scriviamo non è supportata la Correzione obiettivo), potranno passare dal Formato Immagine JPEG/HEIF al RAW in forma di Adobe DNG a 10 bit. Attenzione però: in questo caso i file saranno tutti da 12 MP, a prescindere dall’obiettivo usato: toccando la voce 50 MP torneremo in JPEG.

Non da ultimo, in modalità Pro c’è la funzione Stili fotografici personalizzati che avevamo già visto sul potente Xiaomi 13 Ultra. In sostanza possiamo creare il nostro look Leica personale regolando in tempo reale Tono (per dare più contrasto all’immagine), Tonalità (più vividezza) e Texture (più nitidezza), con la possibilità di salvare i preset creati.

Tra i Filtri ci sono i nuovi Sepia e Blue, ereditati dalla modalità Film della prestigiosa Leica M Typ-240.

Gli stili Leica

Utilizzabili in tutte le modalità di ripresa, troviamo venti Filtri, che ne comprendono anche sei firmati Leica, e gli Stili – anch’essi sviluppati da Leica: Leica autentico e Leica Vivace. Il primo si concentra sulla fedeltà dei colori e dei dettagli, il secondo produce colori più vivaci e contrasti più elevati. A noi la scelta. Sul campo ci è parso che le differenze non siano così esagerate, quindi è davvero una questione di gusti. In particolare, Vivace piacerà a chi ama condividere gli scatti sui social, dove un po’ di “boost” di toni e colori è senza dubbio utile ad attirare l’occhio dell’osservatore distratto di Instagram o Facebook.

Tutti questi effetti, in modalità Ritratto, possono essere applicati al Sistema di obiettivi Master Xiaomi, funzione che mostra quattro diversi preset pensati proprio per i ritratti: Oltre a Predefinito, ci sono Documentario 35 mm, Swirly bokeh 50 mm e Soft Focus 90 mm, ciascuno capace di regalare un intrigante look all’immagine. Attenzione però: come sempre in questi casi, lo sfocato “virtuale” sullo schermo dello smartphone appare impeccabile, mentre sul monitor del computer – ad esempio nello spazio tra i capelli ribelli – si viene inevitabilmente a generare qualche artefatto. Chissà se in futuro l’AI aiuterà i progettisti a risolvere una volta per tutte la questione.

Schermo delle mie brame

Per inquadrare e rivedere gli scatti (e i video, naturalmente) abbiamo a disposizione un ottimo schermo AMOLED CrystalRes da 6,67 pollici (equivalente a circa 17 cm di diagonale) con una risoluzione di 2.712 x 1.220 punti e una frequenza di aggiornamento fino a 144 Hz che possiamo abbassare per concedere più autonomia alla batteria – per gli scatti fotografici non è certo indispensabile spingerne l’acceleratore. Certo, abituati come siamo a usarlo, qui manca il mirino delle fotocamere tradizionali, ma anche in pieno sole la leggibilità del display rimane soddisfacente grazie a una luminosità di 1200 nit, con un picco fino a 2600 nit. Ottimo anche l’angolo di visione, per le inquadrature dall’alto e dal basso. Gli iper pignoli del colore possono contare su una copertura dello spazio colore DCI-P3 al 100%.

Schermo grande, dispositivo grande? Per le mani più piccole forse un po’ sì, ma in generale il dispositivo si impugna bene, soprattutto montando il guscio in silicone in dotazione che evita l’effetto saponetta, aumenta la presa e protegge dai graffi il gruppo ottico un po’ sporgente.

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Un “camera killer”?

In generale abbiamo trovato che le immagini JPEG offrano una resa equilibrata, con un’ottima gestione del colore e del contrasto, nonché una sorprendente resistenza agli artefatti in controluce. Il tocco di Leica si nota: non subiremo mai l’abbagliante effetto di super saturazione tipico di molti smartphone fotografici, nemmeno scegliendo lo stile Vivace.

La luminosità degli obiettivi contribuisce inoltre a mantenere pulita la foto anche in condizioni di luce non perfette, poiché ci permette di scattare mantenendo bassi valori ISO. Per quel che riguarda la riproduzione del dettaglio (senza passare al RAW e alle conseguenti operazioni di conversione al computer), i particolari in JPEG sono riprodotti con una certa accuratezza, sebbene gli algoritmi agiscano a volte un po’ prepotentemente andando ad ammorbidire le texture dove non sarebbe così necessario. Come sempre, i dettagli in RAW sono meglio conservati, ma – come detto – dovremo accontentarci di foto da 12 MP.

Per chi dovesse chiederselo, è chiaro che il confronto diretto con le ottiche progettate per le fotocamere tradizionali non sia proponibile, sebbene il gap con queste ultime si sia ridotto. Tenendo conto però dei limiti fisici invalicabili degli smartphone per quanto concerne sia il diametro degli elementi frontali che quello dei sensori, il risultato è oggettivamente soddisfacente – anche considerando la fascia di prezzo a cui appartiene la serie.

Xiaomi 13T, nella configurazione 8GB+256GB che abbiamo provato, è disponibile a partire da “soli” 700 €, prezzo che sicuramente scenderà ulteriormente nei prossimi mesi. Xiaomi 13T Pro è acquistabile in tre configurazioni: 16GB +1T a partire da 1000 €; 12GB+512GB da 900 €; 12GB +256GB da 800 €. Teniamo d’occhio lo store su www.mi.com per le frequenti promozioni e i bundle.

Se dal punto di vista della resa fotografica le differenze tra 13T e 13T Pro sono nulle, cambiano invece il SoC (MediaTek Dimensity 8200 Ultra per il primo, MediaTek Dimensity 9200+ per il secondo), la capacità della RAM (8/12 GB contro 12/16 GB a seconda del modello) e lo spazio di archiviazione: 256 GB per il modello base e fino a 1 TB per il top di gamma. Quest’ultimo è anche più veloce nella ricarica rapida della potente batteria: 19 minuti fino al 100% contro i 42 del fratellino.

Xiaomi 13T: uno strumento in più per fare “fotografia”

Proprio il prezzo, al termine della presentazione, ha provocato uno scrosciante applauso da parte del pubblico presente. Con grande soddisfazione di Davide Lunardelli, Head of Marketing Xiaomi Italia che ci ha detto: «Con questi prezzi pensiamo di essere davvero competitivi: è uno smartphone, a tutti gli effetti, di fascia alta. La serie T è sempre stata quella che condensa il meglio della tecnologia Xiaomi con qualche rinuncia per poter offrire un prezzo più contenuto rispetto agli smartphone flagship. Allo stesso tempo, però, viene aggiunta qualche caratteristica tecnica che diventerà importante l’anno successivo. Il 12T Pro, per esempio, ha visto – tra l’altro – l’implementazione della ricarica rapida da 120 W e dello schermo con refresh rate a 144 Hz (che ritornano anche nel 13T Pro, NdR). Nel caso della famiglia 13T, il valore aggiunto è Leica, con tutta l’esperienza del marchio che si ripercuote sia nell’hardware (con le lenti Summicron create da loro per cui utilizziamo la dicitura “co-engineered”), sia nell’esperienza d’uso, con i filtri e le modalità di personalizzazione live della foto».

Secondo Lunardelli la partnership con Leica non servirà solo ad attirare i fotoamatori affascinati dal brand tedesco (a tutti gli effetti un marchio del lusso, che con questa collaborazione a sua volta può allargare la sua platea in un’operazione win-win), ma anche a rendere consapevole il consumatore delle possibilità creative degli smartphone. «Siamo al punto che non esiste più una distinzione tra fotografia tradizionale e mobile photography, e non vogliamo certo essere noi a proporla», aggiunge il direttore marketing. «Cambia lo strumento, ma la fotografia è fotografia. Può nascere, in definitiva, una nuova generazione di potenziali fotografi e Xiaomi vuole essere in prima linea nella formazione dei giovani».

Scuola di storytelling con Giuseppe Nucci

Non a caso, durante l’evento di Berlino, è stato presentato il bellissimo reportage realizzato da Giuseppe Nucci – istruttore della Leica Academy e tutor del progetto “Story in Sight”, pensato dal marchio cinese con la collaborazione dell’Università di Barcellona per educare i giovani all’arte dello storytelling fotografico. Non ci avessero preannunciato che la serie di Nucci (un lavoro sulla gente della Maiella, tutto rigorosamente in bianco e nero e stampato in grande formato) è stata realizzata con il 13T Pro, lo ammettiamo, non ci saremmo forse accorti delle differenze rispetto a un progetto creato con attrezzatura più canonica e professionale.

Abbiamo chiesto al fotografo di raccontarci questa esperienza con lo smartphone del brand cinese. In primis, Nucci ha sottolineato come quest’ultimo sia un ulteriore strumento creativo all’interno della dotazione del fotografo tradizionale e, come nel caso del suo lavoro per Xiaomi, in certe occasioni possa anche rappresentare l’unica fotocamera da avere con sé: invece di portare sulle spalle chili di attrezzatura, poter tenere lo smartphone in tasca mentre si percorrono percorsi difficili (come quelli della Maiella) è indubbiamente un vantaggio per qualsiasi fotografo. In più, non è raro che i soggetti inquadrati si sentano più a loro agio di fronte a una persona che li fotografa con il “telefonino” piuttosto che vedere qualcuno che li fissa attraverso il mirino di una macchina fotografica. Giuseppe ha rimarcato il fatto che lavorare all’interno dell’ecosistema Leica lo ha aiutato a stringere il gap che ancora c’è – ma è sempre più stretto – tra attrezzatura tradizionale e smartphone, anche in termini di estetica.

Per gli scatti sulla Maiella, il fotografo molisano, romano di adozione, ha scelto di usare già sul campo un filtro Leica BW in modo da previsualizzare fin da subito il risultato in mono, con una resa che già conosceva in quanto fruitore di fotocamere Leica. Un ritorno alle origini (il primo lavoro di Nucci, Dentroterra, era in bianco e nero) che sorprende per la gestione di toni e contrasti, mai facili da controllare tanto più con uno smartphone. «Il racconto è spogliato del colore ma riempito di essenza», ci ha detto. «La fotografia così è più intimista. Il colore talvolta distrae, invece con il bianco e nero posso creare un’atmosfera che dà più valore alla montagna, alle persone, agli animali e a come questi si relazionano. Sono due approcci differenti, certo. In bianco e nero fotografi i volumi, come la luce cade, i contrasti: ci vuole uno “switch” mentale rispetto al colore».

Per quanto riguarda il suo ruolo di tutor, Nucci tiene a sottolineare che il suo non è un approccio “tecnico”. «Per me le questioni tecniche sono marginali. Nel mio modo di intendere il ruolo del fotografo, bisogna parlare di etica, del rispetto del soggetto, di come andare più in profondità nella narrativa, di come distinguere “immagine” e “fotografia”. È un approccio sociologico di tipo esperienziale, che porta le persone a vivere territori che di solito non vivono, relazionandosi il più possibile a essi, a prescindere dallo scatto in sé. La foto è l’ultima cosa. Proprio come fa l’antropologo, che non va sul campo e dopo un minuto e mezzo è pronto a scrivere di cosmogonia…

Giuseppe Nucci
Giuseppe Nucci parla con i giornalisti durante la presentazione del progetto “Story in Sight” di Xiaomi Education. «Ci vuole tempo. Occorre capire, parlare con le persone e lavorare su questo per cercare poi di trasporre fotograficamente il risultato della propria ricerca».

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