9 Maggio 2019 di Redazione Redazione
Davide Monteleone vive a Mosca e lavora a progetti indipendenti a lungo termine esplorando, attraverso fotografia, video e testi, la relazione tra potere e individui, specie nei Paesi post-sovietici. Il suo ultimo lavoro, The April Theses, ripercorre il viaggio di Lenin dalla Svizzera alla Russia attraverso la fotografia di paesaggio e i documenti per la ricostruzione storica.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Che cosa ti ha portato a lavorare in Russia?
«Una coincidenza personale e professionale. Sedici anni fa ho avuto l’opportunita di fare un viaggio in Russia. Doveva essere breve e si è prolungato per due anni. E continuato fino a oggi».

Perché ti interessa questa parte del mondo?
«E un Paese molto grande dove c’e una relazione particolare tra l’individuo e il potere. E’ questo esperimento sociale che mi interessa».
Nel tuo libro ripercorri il viaggio di Lenin dalla Svizzera alla Russia. Perché hai scelto questo particolare momento storico?
«Volevo realizzare un lavoro sul centenario della Rivoluzione bolscevica. Naturalmente e un argomento su cui e gia stato detto e scritto molto, così ho cercato di restringere il campo, concentrando la mia attenzione sul viaggio che ha condotto Lenin dalla Svizzera in Russia. Un viaggio che èstato probabilmente agevolato dal governo tedesco. Insomma, una rivoluzione sponsorizzata da un altro Paese».

E’ un libro fotografico che contiene molti interventi personali, dalle manipolazioni sulle fotografie ad alcuni scatti nei quali interpreti Lenin.
«Innanzitutto, èun libro. Da sempre trovo molto piùstimolante l’aspetto narrativo della fotografia piuttosto che concentrarmi sulla singola immagine. Le manipolazioni e le ingerenze sono utili per comprendere la sottile linea che divide la cronaca e la propaganda. E’ vero che ci sono delle regole nella fotografia documentaria, e ancora piùforti nel fotogiornalismo, ma la fotografia deve lasciare un margine di interpretazione. Trovo interessante che si parli della manipolazione della fotografia e del fatto che molte immagini di questo lavoro siano una messa in scena. Da alcuni questo èconsiderato illegittimo, ma alla fine è l’onestàintellettuale, il fatto di dichiararlo, che fa la differenza. Non sono le fotografie che mentono, sono i fotografi».

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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