Fotografo da trent’anni, Vittorio Giannella ha girato e gira il mondo con inesauribile curiosità, restituendo – attraverso immagini che hanno impreziosito le pagine delle più importanti riviste naturalistiche e di viaggio – la bellezza di luoghi lontani e vicini. Perché, se il suo sguardo è spesso rivolto all’orizzonte, a nuove avventure, Vittorio non dimentica mai che la meraviglia può trovarsi anche molto vicino a noi, abbassando gli occhi, nelle cose più semplici.
Vittorio Giannella: “quadri” nel ghiaccio
È proprio abbassando lo sguardo, infatti, che è nato uno dei suoi ultimi progetti, Blue Ice. Foglie, rami, bacche, sassi incastonati nel ghiaccio e nella brina e trasformati in gemme preziose. «Sono nato in un paese a cinque metri sotto il livello del mare, in Puglia, e da ragazzino andavo nel punto più alto del paese per poter vedere le montagne innevate d’Abruzzo», inizia a raccontare Vittorio. «Ho sempre avuto una grande passione per la neve, il ghiaccio, il freddo… Quando ho iniziato a fare il volontario accompagnatore nel Parco d’Abruzzo, mi sono reso conto che i turisti camminavano tre o quattro ore per salire allo Sterpi d’Alto per vedere i camosci, ma nessuno si guardava attorno».
«Nessuno guardava la galaverna sui faggi, il dettaglio della foglia imprigionata nel ghiaccio. Pochi centimetri che racchiudevano dei capolavori, per di più effimeri, perché poi al ritorno, quando il sole iniziava a scaldare, tutto si perdeva. Anche quando mi sono trasferito, ho continuato ad andare a cercare questi “quadri” nella Pianura Padana. Con il mio Nikkor 100mm, esco presto la mattina, quando ci sono le condizioni giuste, una notte serena e con le stelle che prepara uno spettacolo meraviglioso per il giorno dopo».
Riportare a casa il bello
Saper vedere – vedere anche i dettagli –, ecco la dote del fotografo. Certamente non l’unica, ma una delle più importanti. Soprattutto oggi che la velocità e la voglia di arrivare al traguardo dominano le nostre vite. «E poi saper cucire le fotografie affinché raccontino la tua storia. Mentre ti sto parlando, sto preparando un servizio fotografico nel Parco Nazionale del Pollino. Perché proprio il Pollino? Perché lì ci sono i patriarchi, alberi monumentali unici al mondo, che stanno lì da mille anni incuranti di tutto; perché dal 1500 ci sono etnie di Albanesi che vivono solo lì e che editano una loro rivista…».
Storie nascoste, che il fotografo documentarista riesce a far emergere affinché catturino l’attenzione dei nostri sguardi spesso distratti. Non fermarsi, dunque, alla bella foto ma andare alla ricerca di storie da raccontare. E, quindi, documentarsi, approfondire, leggere tanto… Nascono così racconti emozionanti, il bruco che diventa farfalla, le trasformazioni delle cortecce degli alberi… «Cose meravigliose di cui la gente non si accorge se non quando le vede in foto… questa è la molla che mi spinge a fare quello che faccio: portare la bellezza».
Bellezza… un termine che ricorre spesso nei racconti di Vittorio Giannella. «In fondo, il mio lavoro è questo. Il lavoro dei fotografi di viaggio è riportare a casa il bello che il pianeta ci regala. Io portavo a casa delle foto per far vedere a mio padre e a mia madre, che non avevano mai lasciato la Puglia, che c’era dell’altro al di là del Gargano. Ho cominciato con l’Abruzzo e ora sono a novantadue Paesi visitati. È un mondo meraviglioso che bisogna conoscere, un libro».
Quando fotografia fa rima con poesia
A proposito di libri, sono proprio le letture una delle principali fonti di ispirazione. «Io leggo moltissimo. Come diceva la scrittrice Emily Dickinson “Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane”. Ho fatto anche tanti servizi nei luoghi che hanno ispirato gli scrittori. Sono stato in Cile dove Neruda ha composto rime bellissime, sono stato in Irlanda dove Yeats ha scritto le sue poesie sulla contea di Sligo, Wordsworth in Inghilterra, le “terre dell’infinito” di Leopardi. Mi sono divertito a dare luce a queste rime. Da qui è nato il progetto Quando fotografia fa rima con poesia, del quale ho fatto diverse mostre. È un progetto che prosegue».
La voce è quasi incrinata dall’emozione mentre Vittorio ripercorre le tante fotografie scattate – di cui ricorda ogni dettaglio e anche le sensazioni vissute – o mentre mi invita ad andare a scoprire Rocca Calascio, Navelli, Santo Stefano di Sessanio in Abruzzo, mentre ricorda con un pizzico di amarezza, forse, cosa voleva dire essere un fotografo di viaggio prima dell’avvento di Internet e dell’intelligenza artificiale. Pur nello sconforto, pur nella consapevolezza che l’AI porterà inevitabili cambiamenti (e farà perdere posti di lavoro), resta però la speranza che le persone vogliano tornare alla verità di una fotografia scattata con il cuore, con la pazienza e la fatica di un appostamento, con la curiosità e l’esperienza. Alla ricerca di storie, di luoghi, di emozioni che solo i fotografi “veri” sanno restituire.