La rivoluzione degli anni Sessanta a Genova raccontata in una mostra che unisce fotografia, arte, architettura e design.

22 Aprile 2022 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

Fino al 31 luglio 2022, Palazzo Reale a Genova ospita una grande mostra che racconta la rivoluzione degli anni Sessanta a Genova. Un decennio di intenso fermento che coinvolge l’architettura, l’arte, il design e la fotografia.

Linguaggi diversi riuniti nel Teatro del Falcone nel percorso espositivo curato da Alessandra Guerrini e Luca Leoncini con Benedetto Besio, Luisa Chimenz, Leo Lecci ed Elisabetta Papone.

Il percorso espositivo

Intitolata Genova Sessanta. Arti visive, architettura e società. Le trasformazioni della città, della creatività e del costume negli anni del boom economico, la mostra si concentra sul decennio che vide irrompere profondi cambiamenti in città.

Tra mutamenti sociali e rinnovati stimoli culturali, infatti, Genova fa di tutto per lasciarsi definitivamente alle spalle le ferite della guerra. E per darsi un volto e un ruolo europei, puntando sull’industrializzazione e sui servizi. A sua volta, l’energia della crescita incentiva la creatività in tutti i settori, dall’arte, al design alla musica, alla cultura, all’economia.

La mostra, organizzata in modo cronologico e tematico, permette, dunque, al visitatore di scoprire i protagonisti di quella rivoluzione. Dai grandi fotografi genovesi attivi in quegli anni – Lisetta Carmi e Giorgio Bergami soprattutto – a Lucio Fontana e Andy Warhol. Da Mimmo Rotella a Vico Magistretti, da Gio Ponti a Franco Albini, e molti altri.

anni Sessanta a Genova
Andy Warhol, Marilyn, 1966, Collezione privata

Gli anni Sessanta a Genova e la fotografia

È Elisabetta Papone, che firma uno dei saggi che accompagnano la mostra, ad approfondire il ruolo della fotografia nella Genova degli anni Sessanta.

A partire dal reportage Erotismo e Autoritarismo, realizzato da Lisetta Carmi nel Cimitero di Staglieno a Genova e rifiutato dal direttore della Domenica del Corriere, la studiosa sottolinea alcuni tratti comuni a quegli anni: “La diffusa insofferenza a valori tradizionali, che si esprimeva nei contesti più inaspettati. Il sostanziale immobilismo della grande stampa, incapace di captare le nuove inquietudini. L’emergere di narrazioni alternative alla retorica dispensata dalla vulgata corrente”.

Narrazioni spesso promosse proprio dai fotografi. Accanto a Lisetta Carmi anche Giorgio Bergami. Annota, infatti, la studiosa: “La volontà di restituire dignità e volto a chi ne è derubato accomuna il percorso di Lisetta Carmi a quello di un altro grande testimone della storia della città nel secondo Novecento, in apparenza antitetico per provenienza sociale e formazione: Giorgio Bergami”.

“Accanto a gioiose immagini di cronaca, assai apprezzate da giornali e pubblico, vedono la luce reportage di carattere sociale, che testimoniano quanto i due decenni che seguono la fine del conflitto siano intrisi anche di povertà, sofferenza e tensioni”.

Impegno sociale e fermento artistico

In generale, infatti, “La produzione fotografica cittadina è negli anni Sessanta prioritariamente caratterizzata da aderenza alla realtà e impegno sociale, e solo sfiorata dall’ondata di rinnovamento che anima i percorsi artistici, dai quali sarà coinvolta compiutamente nel decennio seguente grazie anche all’azione di coraggiosi galleristi”.

“Fondamentale rimane in questi anni il ruolo svolto da Italsider che, promuovendo l’incontro di intellettuali, artisti, industriali per un comune progetto all’insegna dell’integrazione tecnico-umanistica, sotto la regia di Eugenio Carmi, Carlo Fedeli e Gian Lupo Osti, coinvolse fotografi di respiro internazionale, quali Kurt Blum, Federico Patellani, Arno Hammacher, Ugo Mulas, Paolo Monti: nomi destinati a intrecciarsi proficuamente con l’esperienza locale”.

Esperienza locale che vide tra i suoi interpreti anche Francesco Leoni, Giuliana Traverso e il ligure d’adozione Francis Carl Fuerst.

www.palazzorealegenova.beniculturali.it

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