12 Dicembre 2017 di Redazione Redazione

Terre di Uomini

Adams, Shore, Goldblatt, Ghirri, Basilico, Jodice e altri 21 grandi fotografi raccontano il paesaggio 

Palazzo Gromo Losa, Biella

27 ottobre 2017 – 7 gennaio 2018


La relazione tra l’uomo ed il paesaggio, l’influenza che l’uno esercita sull’altro e le implicazioni di tale relazione nello scatto fotografico sono al centro della mostra Terre di Uomini’, che si terrà a Biella, presso lo splendido Palazzo Gromo Losa, dal 27 ottobre 2017 al 7 gennaio 2018. Il percorso comprende oltre 70 opere di 27 artisti, tutte provenienti dalla collezione di fotografia contemporanea della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena.
La mostra, a cura di Chiara Dall’Olio, è l’esito di una collaborazione tra Fondazione Fotografia Modena e Palazzo Gromo Losa srl, rispettive società strumentali di Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e di Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.



Il paesaggio è al centro dell’opera dei grandi maestri della fotografia americana: da Ansel Adams, capostipite di questo genere, che nelle sue fotografie evoca la leggendaria ‘ultima frontiera’, a Edward Weston, interprete, negli anni ’30 e ’40, di particolari della natura in chiave estetica e allegorica, per arrivare, negli anni ’60, alle sperimentazioni di Callahan e Siskind che restano tuttavia sempre nel solco tracciato da Adams, della fotografi pura ed elegante. Fondamentale poi la figura di Stephen Shore che immortala la provincia americana finalmente con la pellicola a colori, utilizzata anche da Misrach per agli ampi spazi desertici che richiamano l’attenzione allo sfruttamento della natura effettuato dall’uomo. Lo stesso tema si ritrova nelle periferie industriali di Gossage, così come nei lavori che negli stessi anni ‘80 vanno conducendo anche i fotografi europei. Nel mezzo si collocano autori come White, Caponigro, Bullock e Chappell, interpreti di una fotografia visionaria e contemplativa, che riflette innanzitutto sul posizionamento dell’essere umano nel mondo. L’uomo è anche al centro delle ricerche di Friedlander e di Van Deren Coke, prodotto di una società che è andata sviluppandosi negli anni ’60 e ’70, tenendo ai margini il “diverso”, in nome di un benessere collettivo e di uno sfrenato consumismo, inevitabili conseguenze del capitalismo americano.
Nonostante un territorio naturale affascinante ed estremo che condiziona fortemente la vita quotidiana, gli autori africani non si lasciano ammaliare dalla perturbante bellezza della natura. La fotografia è narrazione di un contesto quotidiano difficile, spesso conflittuale, in cui non c’è spazio per la contemplazione e il paesaggio resta sulla sfondo. La foresta nigeriana sfruttata e inquinata dagli oleodotti di Osodi, le tracce dell’apartheid che hanno segnato anche lembi di terra remota registrate nelle immagini di Goldblatt, o che si riflettono nella vita di tutti i giorni nelle fotografie di Nunn. Anche i cani ritornati randagi dopo essere stati abbandonati dai bianchi in fuga dalle fattorie dopo la fine dell’apartheid, ritratti da Naudé sono un emblema del recente passato sudafricano. Nella periferia di Tangeri ripresa da Barrada c’è tutta la precarietà di una nazione come il Marocco, così come nelle immagini della prima campagna elettorale democratica del Congo fotografata da Tillim nel 2006 la tensione delle piazze è palpabile. Tuttavia, la speranza di un futuro “normale” resiste, come vediamo nelle immagini di Apagya, dove gli adulti si collocano dentro un fondale che è il sogno a occhi aperti di un mondo nuovo.



E in Italia? Il paesaggio italiano è stato da sempre uno dei soggetti più amati dai fotografi nostrani, fin dalle sue origini, un’eredità quasi scontata dal lontano Rinascimento. Difficile, per un autore contemporaneo, liberarsi da un approccio – che poi è una visione – così fortemente radicato, difficile anche solo “immaginare” un paesaggio diverso dal Bel Paese. Sono fotografi come Franco Fontana – che interpreta il mondo in campiture di colore – o come Luigi Ghirri – che volge l’attenzione alla provincia della pianura padana – a dimostrare fin dagli anni ’70 che non esiste solo la bellezza delle coste o delle Alpi italiane. Sulla loro scia, Fossati indaga le rive del Po, che diventano quasi un paesaggio lunare, e Guidi ferma lo sguardo sulle contaminazioni che l’industria ha portato al nostro territorio, segnandolo e in molti casi deturpandolo. Occorre allora allontanarsi, prendere il largo come Mimmo Jodice che, da moderno Ulisse, ricerca nei luoghi del Mediterraneo le radici di una cultura ancora vibrante di forza. Oppure allargare il campo visivo e fare entrare nella fotografia il brulicare dell’attività umana moderna, invisibile ma palpabile presenza nelle fotografie di architetture di Basilico, colorata e invasiva massa nei paesaggi alpini di Niedermayr, che ormai hanno perduto per sempre il fascino selvaggio, la wilderness tanto amata da Ansel Adams, tanto che la fotografia stessa non può più essere unica, ma è frammentata in più cornici, spezzata come lo sguardo contemporaneo.


Terre di Uomini. Adams, Shore, Goldblatt, Ghirri, Basilico, Jodice e altri 21 grandi fotografi raccontano il paesaggio 
Palazzo Gromo Losa, Biella
27 ottobre 2017 – 7 gennaio 2018
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